I combattimenti a Palmira tra l'esercito di Assad e lo Stato islamico

L'altro teatro (geopolitico) di Palmira

Daniele Raineri
Gas, arsenali, strade. Una perdita strategica in Siria, non solo per l’Unesco.

Roma. L’anfiteatro, le colonne, i tesori inestimabili di arte romana e di storia, la via della Seta, certo. La città di Palmira ha però un valore assai contemporaneo nella guerra di espansione combattuta dallo Stato islamico. Dal punto di vista strategico la sua perdita è un punto di svolta e annuncia la fine del sostanziale stallo tra il governo siriano del presidente Bashar el Assad e il gruppo di Abu Bakr al Baghdadi.  A nord-est, nel deserto fuori dalla zona abitata, ci sono due dei più grandi impianti per l’estrazione del gas in Siria, Al Hail (a quaranta chilometri dalla città) e Arak (a venticinque) ed entrambi sono finiti sotto il controllo del gruppo estremista. Quel gas  nell’est produce la maggior parte dell’energia elettrica per la zona a ovest, delle grandi città abitate, come la capitale Damasco e il porto di Latakia, che è la piccola capitale degli alawiti – la minoranza al potere nel paese. Lo Stato islamico ora potrebbe tagliare al governo il rifornimento di energia (una parte importante, almeno) oppure potrebbe scegliere di trovare un accordo economico, non toccare il gas e incassarne i profitti, come già fa con alcuni impianti petroliferi occupati da molto tempo più a nord, nella zona di Raqqa e nella valle dell’Eufrate. E’ probabile che sceglierà questa seconda linea di condotta, trattativa e incasso, perché così avrà denaro da reinvestire nella guerra – anche in Iraq – e manterrà un rapporto “da stato a stato” con il governo siriano, cosa a cui tiene nella sua ricerca di legittimità. Fuori dagli impianti del gas sarà guerra come sempre.

 

Palmira ha uno dei più grandi depositi di armi del paese. Secondo alcune fonti militari nella base aerea vicino alla città ci sono i grandi missili balistici del paese del tipo Scud, tenuti per una guerra contro Israele che non è arrivata. I guerriglieri non hanno le capacità per lanciarli, dicono gli esperti, ma è probabile che appariranno, se ci sono, in eventuali video di parate. Il ghanima (il bottino di guerra) conquistato dallo Stato islamico a Palmira potrebbe potenzialmente alimentare altri anni di conflitto: munizioni, armi pesanti, veicoli, che andranno a ingrossare le scorte fatte la settimana scorsa nell’altra grande base, quella dell’Ottava brigata appena fuori Ramadi.

 

[**Video_box_2**]Palmira è anche l’accesso all’autostrada M20, che è la sola a portare verso Deir Ezzor, dove lo Stato islamico assedia da un anno un contingente di truppe siriane chiuso nell’aeroporto. Adesso la via per rinforzi e rifornimenti è chiusa, e questo potrebbe annunciare una prossima capitolazione della base. Il governo siriano aveva piazzato al comando di Deir Ezzor uno dei generali più ammirati e fotografati del paese, il druso Issam Zahreddine, muscoli, occhiali scuri e mano a lisciare la barba grigia.   L’anno scorso Zahreddine ha promesso di difendere l’aeroporto militare o morire, ma tre settimane fa è stato richiamato, con le sue truppe scelte, e spostato a difendere la capitale Damasco.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)