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Editoriali

Processo Eni-Nigeria: fine dei giochi

Redazione

Dopo l'assoluzione definitiva degli imputati nell'ambito del processo penale, il paese africano ha deciso di ritirare anche la richiesta di risarcimento di 1,1 miliardi di dollari contro il colosso petrolifero italiano

Si chiude anche sul piano civile la vicenda giudiziaria Eni-Nigeria. Come riportato da Bloomberg, lo stato africano ha  deciso di ritirare la richiesta di risarcimento di 1,1 miliardi di dollari avanzata in Italia contro l’Eni nell’ambito del processo penale contro i vertici del colosso petrolifero. Il processo, com’ è noto, si è concluso con l’assoluzione definitiva di tutti gli imputati, tra i quali l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni. L’accusa di corruzione internazionale da oltre un miliardo di dollari per il giacimento petrolifero Opl 245, mossa dalla procura di Milano, era stata sonoramente bocciata in primo grado nel marzo 2021. La procura generale milanese aveva poi deciso di non ricorrere in appello, rendendo l’assoluzione definitiva.

 

Nonostante l’assoluzione, la Repubblica federale della Nigeria aveva deciso di ricorrere in Cassazione almeno per quanto riguarda gli effetti civili della sentenza penale. Lo stato africano, tuttavia, ha ora deciso di chiudere anche il fronte civile. Il ministero della Giustizia nigeriano rinuncerà alle richieste di risarcimento davanti al più alto tribunale italiano “incondizionatamente” e “con effetto immediato” entro il 17 novembre.

 

Eni ha confermato la ricezione della comunicazione e ha fatto sapere di essere pronta a valutare, insieme al governo nigeriano, gli step necessari per lo sviluppo del giacimento, dal quale – a causa delle varie controversie giudiziarie – da oltre un decennio non è stato estratto neanche un barile di petrolio. Con il ritiro della richiesta di risarcimento, il fallimento dell’inchiesta condotta dalla procura di Milano è completo.

 

Anche perché nel frattempo continua il processo nei confronti dei due pm milanesi che accusarono Eni di corruzione, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, accusati di rifiuto d’atti di ufficio per non aver depositato prove favorevoli alla difesa.