Editoriali

Vivendi fa l'attivista in Telecom

Redazione

Le dimissioni di de Puyfontaine e il cambio di strategia per limitare i danni

L’interpretazione prevalente dei media italiani sulle dimissioni del presidente di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, dal cda di Telecom è quella di un passo indietro maturato in seguito a colloqui intercorsi con il governo Meloni sempre più deciso a sostenere la realizzazione di una rete di telecomunicazioni a guida pubblica, come ribadito dal ministro Adolfo Urso. In pratica, il primo azionista di Tim avrebbe voluto dare un segnale sulla sua disponibilità ad accettare il piano di Palazzo Chigi (vendita della rete a Cdp). Questa interpretazione, però, trascura alcune sfumature colte dai giornali francesi: come farebbe de Puyfontaine, se restasse in consiglio, a spiegare agli azionisti di Vivendi che accetta una soluzione che rischia di essere svantaggiosa per il suo investimento in Tim?

La società francese ha già dovuto mettere a bilancio qualche miliardo di svalutazione avendo pagato Tim 1,07 euro per azione mentre le quotazioni attuali sono a 0,26 euro anche dopo gli ultimi rialzi da inizio anno. Dal suo punto di vista sarebbe preferibile la scissione – rete da un lato e servizi  dall’altro – perché consentirebbe di massimizzare il valore  dell’infrastruttura e aumenterebbe la possibilità di Tim di partecipare al suo controllo. La vendita diretta, invece, della rete a Cdp esclude di fatto il gestore telefonico dai giochi e non risolve del tutto il problema debito (25-26 miliardi a fronte di una valutazione della rete di 16-19 miliardi).

Vivendi, però, deve fare i conti con il suo status di investitore francese (seppure il suo patron Bolloré non sia esattamente un macroniano) in un paese governato da chi in passato ha gridato all’invasore transalpino. E non ha molta scelta che diventare un azionista puro in modo da sentirsi più libero di prendere posizione sulla rete o di proporre piani alternativi che tutelino l’investimento in Tim di cui in Francia dovrà dare conto, non al governo ma al mercato. Se così fosse, più che un socio accondiscendente, de Puyfontaine potrebbe trasformarsi in uno di quei fondi attivisti (Elliot) che in passato ha combattuto.

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