Il palazzo della Consulta, sede della Corta costituzionale (Ansa)

Editoriali

La gogna è contro la Costituzione

Redazione

Le differenze tra fango e libertà di stampa in una sentenza della Consulta
 

Con una recente sentenza (n. 150), la Corte costituzionale ha stabilito che le norme vigenti che obbligano il giudice a punire con il carcere il reato di diffamazione a mezzo della stampa o della radiotelevisione, aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato, sono incostituzionali perché contrastano con la libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Per i giudici costituzionali, infatti, la minaccia dell’obbligatoria applicazione del carcere “può produrre l’effetto di dissuadere i giornalisti dall’esercizio della loro cruciale funzione di controllo dell’operato dei pubblici poteri”. C’è un passaggio, però, della sentenza che è stato completamente ignorato dagli organi di informazione, sempre pronti a denunciare il rischio di “bavaglio” ogni qualvolta qualcuno tenti di porre un freno alla pratica dello sputtanamento mediatico.

 

È il passaggio in cui la Consulta afferma che non è di per sé incompatibile con la Costituzione che il giudice applichi la pena del carcere a chi, ad esempio, si sia reso responsabile di “campagne di disinformazione condotte attraverso la stampa, internet o i social media, caratterizzate dalla diffusione di addebiti gravemente lesivi della reputazione della vittima, e compiute nella consapevolezza da parte dei loro autori della – oggettiva e dimostrabile – falsità degli addebiti stessi”.  Il passaggio è significativo non tanto per il riferimento alla non intrinseca illegittimità della detenzione in carcere, che si spera non colpisca nessun giornalista, quanto per il richiamo dei giudici costituzionali: “Chi ponga in essere simili condotte – eserciti o meno la professione giornalistica – certo non svolge la funzione di ‘cane da guardia’ della democrazia, che si attua paradigmaticamente tramite la ricerca e la pubblicazione di verità ‘scomode’; ma, all’opposto, crea un pericolo per la democrazia”. Insomma, una cosa è la libertà di stampa, un’altra è la macchina del fango. Per quest’ultima il bavaglio sarebbe auspicabile.

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