editoriali

Lo spyware Orbán (e gli impostori)

Redazione

L’Ue non può accettare che un paese membro si comporti come l’Arabia Saudita

Il governo di Budapest ha utilizzato lo spyware Pegasus per spiare giornalisti, proprietari di media, parlamentari dell’opposizione e avvocati, tutti conosciuti per le loro critiche nei confronti di Viktor Orbán. L’Ungheria è il solo paese membro dell’Ue a essere coinvolto nello scandalo rivelato da diciassette media internazionali sull’utilizzo abusivo della tecnologia della società israeliana NSO Group, grazie ai dati messi a disposizione da Forbidden Stories e Amnesty International e alla testimonianza di un ex impiegato.

 

Minaccia alla sicurezza nazionale? Rischio di attentato terroristico? Allarme per una potenza straniera nemica? Per il regime di Orbán il pericolo sta altrove: Pegasus è stato usato per spiare almeno cinque giornalisti che hanno indagato sul governo e Zoltán Varga, il proprietario del Central Media Group, l’ultimo gruppo editoriale indipendente del paese. In Ungheria la libertà è tale che essere critico del governo è tanto grave quanto il terrorismo.

 

“La vicenda, se è vera, è totalmente inaccettabile”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Ed effettivamente l’Ue non può accettare che un suo stato membro adotti gli stessi metodi di paesi come l’Azerbaigian o l’Arabia Saudita. Non solo il governo Orbán vìola le regole su libertà di stampa e privacy, ma rimette in discussione la stessa democrazia.

 

Il premier ungherese smantella i contropoteri, perseguita le voci critiche (dalla cacciata della Central European University alla chiusura di Klubrádió), costruisce una cleptocrazia clientelare e si allea con potenze rivali come Russia e Cina. Orbán denuncia la sovietizzazione dell’Ue, ma in realtà usa i metodi sovietici sugli ungheresi per perpetuare il suo regime.

  

Hanno ragione i deputati del Pd che chiedono al governo Draghi di sostenere sanzioni dell’Ue per violazione dello stato di diritto. L’Italia potrebbe farlo anche da sola bloccando l’approvazione del piano di Recovery da 7,2 miliardi di Orbán.