Viktor Orbán (foto Ap) 

Il caso

I guai del Pnrr di Orbán non c'entrano con l'anti lgbt

David Carretta

Il Recovery plan ungherese vuole usare i fondi europei per rafforzare il potere del premier

La Commissione europea ha un serio problema con l’Ungheria sul piano nazionale di ripresa e resilienza che il governo di Viktor Orbán ha presentato per ottenere 7,2 miliardi di euro dal Recovery fund. E non è la legge anti Lgbt. Il provvedimento adottato dal Parlamento di Budapest in giugno ha provocato le ire dell’Ue e della maggior parte dei leader dei suoi stati membri. “La protezione dei bambini viene usata come pretesto per discriminare le persone”, ha detto ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, davanti al Parlamento europeo: “Questa legge è vergognosa e contraddice profondamente i valori fondamentali dell'Ue”. Von der Leyen ha ribadito che “se l'Ungheria non correggerà il tiro, la Commissione farà uso di tutti i suoi poteri”. Tradotto: ci sarà l’ennesima procedura di infrazione contro Orbán, che tra qualche anno potrebbe finire davanti alla Corte di giustizia dell’Ue. Sul piano di Recovery il problema è più imminente e profondo. Per come è stato presentato dal governo Orbán non otterrebbe i voti necessari per avere il via libera della Commissione. La valutazione non è stata sospesa. Ma l’approvazione entro il 12 di luglio – alla scadenza dei due mesi dalla presentazione del piano – è in dubbio. Se Budapest non lo modificherà in profondità, chiedendo di prolungare i tempi della valutazione della Commissione, potrebbe esserci una clamorosa bocciatura. La quantità di rilievi sollevati dalla Commissione è significativa e va dritta al cuore del regime Orbán: l’uso dei fondi dell’Ue per consolidare il suo potere al di fuori degli standard dello stato di diritto di una democrazia liberale.

 

Il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni,  ha fatto un lungo elenco di cose che non vanno nel Pnrr di Orbán. “Quello che stanno valutando i nostri servizi sono il meccanismo di controllo e audit, la non discriminazione e la parità di trattamento tra i beneficiari dei fondi che vengono dalla Recovery and Resilience Facility e le sfide che erano state indicate sullo stato di diritto nelle raccomandazioni specifiche per paese”, ha spiegato Gentiloni. Quali sfide? “In particolare corruzione, accesso alle informazioni pubbliche, indipendenza della giustizia, aumento della concorrenza e controllo degli appalti pubblici”, ha detto il commissario italiano: “Tutto questo conta, è parte della discussione con le autorità ungheresi e stiamo lavorando per portare questa discussione a un conclusione il più rapidamente possibile, ma rispettando le regole che abbiamo”. 

 

Il fatto è che il Recovery fund sono soldi dei contribuenti europei. L’Ungheria è tra i principali beneficiari dei fondi di coesione, su cui i controlli finora sono stati molto blandi (dall’autunno dovrebbero rafforzarsi con il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto). Diverse inchieste hanno rivelato un uso clientelare delle risorse dell’Ue da parte del governo Orbán. Il regolamento sulla Recovery and resilience facility prevede una serie di meccanismi di controllo rafforzati per tutelare i soldi dei contribuenti europei. Inoltre, uno degli undici criteri di valutazione per l’approvazione di un piano sono le raccomandazioni specifiche per paese indirizzate nel 2019 e 2020 dall’Ue. Se all’Italia è stato chiesto di fissare “target” e “milestone” su riforme economiche e amministrative, l’Ungheria deve fare altrettanto su alcuni aspetti essenziali dello stato di diritto. Anche se la Commissione si mostrasse flessibile, l’Olanda minaccia di bloccare l'approvazione all’Ecofin. Legge anti Lgbt o no, la rigidità sul Recovery e le parole di von der Leyen lasciano pensare che la Commissione abbia deciso di fare sul serio con Orbán.

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