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L'analisi

Le 800 imprese del sud che corrono più veloci di quelle del nord

Mariarosaria Marchesano

"È emerso un dato inaspettato: la quota delle imprese meridionali che crescono è salita al 15 per cento del totale, prevalentemente nei settori agroindustriale e metallurgico", dice al Foglio Lucio Poma, capo economista di Nomisma

C’è un Sud “controvento”, dice Nomisma. Ed è la novità più rilevante dell’edizione di quest’anno della tradizionale ricerca che, in collaborazione con Crif e Cribis, analizza le imprese italiane che realizzando performance straordinarie anche quando l’economia del paese cresce dello zerovirgola: sono 5.500 in tutto, pari al 6,5 per cento del totale e generano il 9,4 per cento dei ricavi. Nomisma le chiama “imprese controvento” per dire che sono quelle che superano determinati livelli di crescita su ricavi e margini. Considerando, per esempio, i ricavi prodotti tra il 2017 e il 2022, quelli delle “controvento” sono cresciuti del 96 per cento, mentre per tutte le altre la crescita è stata del 39 per cento. “Ebbene, quest’anno è emerso un dato che non mi aspettavo – dice al Foglio Lucio Poma, capo economista di Nomisma – la presenza del Sud nel campione di eccellenze manifatturiere da noi preso in esame è sempre stata bassa o addirittura irrilevante. Invece, adesso la quota delle imprese meridionali controvento è salita al 15 per cento del totale e opera prevalentemente nei settori agroindustriale e metallurgico”. In pratica, le imprese del Sud “controvento” – realtà aziendali eccellenti - sarebbero oltre 800.

“È un segnale di dinamismo che andrebbe colto anche dal governo per incentivare la crescita di questo tessuto industriale con politiche adeguate”, prosegue l’economista. La ricerca di Nomisma si basa su criteri di selezione molto severi (fatturato, profitti, ritorni sugli investimenti e così via) e più che su un campione si basa su un universo di soggetti perché ogni anno vengono passati al setaccio i bilanci di 80 mila società per azioni. Da qui viene estratto il gruppo che mostra le performance migliori. “Nell’ultima rilevazione basata sui parametri del 2022, il Sud dimostra di avere addirittura una maggiore propensione a navigare controvento rispetto al resto del paese, anche se in termini assoluti il suo peso è ancora modesto", osserva l’economista". A guidare la classifica di Nomisma ci sono regioni come il Veneto e l’Emilia Romagna, mentre la Lombardia non sempre riesce a essere presente e non sono mai entrate Toscana, Piemonte, Liguria, Lazio, Abruzzo e Valle d’Aosta. “È interessante notare come nel 2018 solo il 10 per cento delle imprese controvento erano localizzate nel Sud del paese, mentre nell’ultima rilevazione questa quota è salita al 15 per cento ed è anche aumentato il peso dei ricavi prodotto sull’ammontare generale”. Insomma, un quadro sorprendente considerando che le performance eccellenti in termini produttivi hanno storicamente riguardato il nord-est, anche se quella di Nomisma non è l’unica ricerca che sta rivelando il dinamismo del Sud (sono almeno tre anni che lo studio congiunto Mediobanca-Unioncamere sulle medie imprese italiane segnala la presenza di almeno due o trecento realtà manifatturiere eccellenti in quest’area del paese). Ma come si spiega?

È una tendenza che si è evidenziata nel 2020 con la pandemia e con l’aumento delle esportazioni, ma mi sarei aspettato che terminato il rimbalzo post Covid anche questo fenomeno si sarebbe affievolito e invece si è rafforzato, segno che sta diventando strutturale grazie a realtà molto solide che si stanno trascinando dietro l’indotto. Che poi è esattamente quello che da sempre accade nel nord-est, dove le imprese capofiliera guidano lo sviluppo di tutte le altre in un circolo virtuoso che ha fatto la fortuna di queste regioni”. E che cosa bisognerebbe fare per alimentare questo Sud “controvento”? “La mia idea è che gli incentivi pubblici dovrebbero essere dati sulla base di rapporti di collaborazione e cooperazione tra imprese del Nord e quelle del Sud. In questo modo la parte più forte del paese trascinerebbe quella che lo è meno ma sta dimostrando di potercela fare. Mi spiego meglio: se alcune delle filiere produttive del Veneto o dell’Emilia si allungassero nel Mezzogiorno, quest’area ne trarrebbe grande beneficio, ma renderebbe più solido anche il Nord produttivo”. Un’idea che implica il superamento di rivalità e campanilismi, oltre che di una strategia del settore pubblico che promuova questo tipo di collaborazione, ma che al momento non si intravede.

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