la proposta

La tragedia di Firenze impone svolte sul lavoro, che partono dai contratti

Oscar Giannino

La soluzione praticata negli ultimi anni dalla politica contro le morti bianche è l’aggravamento di pene e sanzioni a carico di imprese e manager. Misure che intervengono solo a morti avvenute. Ma c'è spazio per tentare una via diversa

Con le vittime di oggi al cantiere Esselunga di Firenze, i morti sul lavoro da inizio anno sono già 145. In vent’anni gli infortuni mortali sul lavoro registrati dall’Inail (che comprendono tutte le vittime in itinere, da incidenti stradali per recarsi al lavoro) a fine 2023 superavano i 28 mila. Una volta detto l’ovvio, e cioè che ogni morto sul lavoro è di troppo, e che per ognuno di loro serve un’indagine per capire come l’evento si sia determinato e per appurarne responsabilità ed eventuali sanzioni, lo stillicidio quotidiano impone però un interrogativo di fondo. Per contenere e debellare il fenomeno, funziona la strategia sin qui seguita? La risposta è nei numeri ed è chiara: no.

 

 

La soluzione praticata negli ultimi anni dalla politica è l’aggravamento di pene e sanzioni a carico dell’impresa e di manager inadempienti agli obblighi di sicurezza, che di per sé già ricadono nella vigilanza dovuta ex decreto legislativo 231 del 2001, e si sommano a quanto prevede il codice penale all’articolo 589, cioè la pena da due a sette anni di reclusione per omicidio colposo dovuto a violazione delle norme di prevenzione infortuni. Con il ministro del lavoro Orlando, a fine 2021 si è aggiunta la possibilità che gli ispettori del lavoro adottino la sospensione delle attività d’impresa con obbligo di perdurante retribuzione ai dipendenti, in caso di riscontrate irregolarità. Misure che però hanno tutte un difetto. Intervengono ex post, a morti avvenute. Saziano il giustizialismo, non evitano i morti.

 

Perché non tentare una via diversa? Da costruire attraverso i contratti nazionali di lavoro, coinvolgendo imprese e sindacati su una nuova soluzione. Istituire cioè commissioni paritetiche aziendali, di manager e lavoratori, come nuovo soggetto cui i lavoratori possano segnalare, in base alla loro esperienza, rischi di incidenti derivanti da obsolescenza degli impianti o ritardata e inadeguata manutenzione. Garantendo ai lavoratori segnalanti tutele analoghe a quella che la legge offre già ai whistleblower per eventuali illeciti, frodi o corruzione nella Pubblica Amministrazione e nelle imprese. E cioè la garanzia di non incorrere per la loro segnalazione in alcuna misura discriminatoria su salario, inquadramento e prestazione d’opera. Perché non ci pensa, l’attuale ministro del Lavoro?

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