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editoriali

La difficoltà di prendere sul serio Urso

Redazione

Entrare in Stellantis è una provocazione o una strategia? Il ministro del caos

E’ improbabile che gli azionisti di Stellantis accolgano con favore la proposta del governo italiano di entrare nel capitale del gruppo automobilistico. E’ questa l’opinione diffusa tra gli analisti finanziari sull’ipotesi avanzata dal ministro Adolfo Urso come risposta alla sollecitazione dell’ad Carlos Tavares di sbloccare gli incentivi al settore auto. Le ragioni dello scetticismo sono due. Il primo è che sarebbe molto difficile che i soci di Stellantis cedano a chiunque quote dei propri pacchetti azionari, a meno che il governo Meloni non si avventuri in un improbabile rastrellamento di titoli in Borsa (se lo stato vuole entrare nel capitale di una società quotata, la strada è comunque questa, non l’acclamazione che cerca Urso). Il secondo è di carattere economico.

 

Per pareggiare la partecipazione dello stato francese in Stellantis, che è pari al 6 per cento detenuto attraverso la finanziaria pubblica Bpi, Palazzo Chigi dovrebbe sborsare almeno 4 miliardi di euro agli attuali prezzi di mercato (il gruppo capitalizza 67 miliardi di euro e le sue azioni valgono circa 21 euro). Una simile spesa vorrebbe dire vanificare buona parte degli sforzi del governo per altre privatizzazioni, come il collocamento di una nuova tranche di Poste italiane. Insomma, le due partite potrebbero  equivalersi a scapito dell’obiettivo dichiarato dall’esecutivo di ridurre il debito pubblico. Ma forse la proposta di Urso va presa per quella che: una provocazione. Secondo l’amministratore delegato Tavares, la capacità produttiva di Stellantis in Italia sarebbe a rischio senza alcun incentivo a sostenere la transizione verso l’elettrificazione del parco auto. E gli stabilimenti a rischio sarebbero quelli di Mirafiori (che assembla la 500 full-electric e  modelli Maserati) e quello di Pomigliano (che produce la Panda e l'Alfa Tonale). Il governo ha ribadito di essere interessato all’acquisto di una partecipazione al fine di tutelare la forza lavoro in Italia, e che sono già approvati alcuni incentivi (950 milioni di euro) legati alla rottamazione di vecchi veicoli. Alla fine è la seconda che conta davvero. 

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