(foto Ansa)

cigs per sempre

Meloni, che si vanta di aver abolito il Rdc, a Taranto usa il metadone della cassa integrazione

Annarita Digiorgio

Non solo il Reddito. Anche l'ammortizzatore sociale è un sussidio che avrebbe senso usare in maniera limitata. Ma per quel che riguarda l'ex Ilva oramai il governo ne fa un uso strutturale

Taranto. “Il reddito di cittadinanza era una sorta di vitalizio da percepire dai 18 anni fino alla pensione. La povertà non si combatte con l’assistenzialismo, la porta della dignità di un uomo è il lavoro”, disse Giorgia Meloni alla Camera quando il suo governo ha abolito il “metadone di stato” introdotto dal Movimento 5 stelle. Ma il reddito di cittadinanza non è l’unica forma di sussidio a vita che c’è in Italia. Esiste anche la cassa integrazione straordinaria (Cigs), che nata come ammortizzatore a tempo, in alcune aree di crisi e per alcune aziende, viene prorogata in deroga senza soluzione di continuità, fino al prepensionamento. In questo caso però il governo Meloni non lo considera un “metadone di stato”. 

 

Nella legge di Bilancio ci sono 70 milioni per la Cigs in aree di crisi, 50 milioni di euro di cassa integrazione per aziende in crisi post Covid, 50 milioni per la Cigs per aziende in ristrutturazione, 63 milioni per la Cigs per 2.500 lavoratori di Acciaierie d’Italia e 19 milioni di integrazione salariale per 2.131 lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria, Sanac e Taranto Energia. Lo ha annunciato  Dario Iaia, parlamentare tarantino di FdI: “Vengono così confermati gli impegni assunti dal governo Meloni”. Ovvero l’impegno di tenere le persone in cassa integrazione e aumentargliela anche. “In altre parole, anche per il prossimo anno, questi lavoratori potranno beneficiare di un aiuto concreto e il governo di centrodestra dimostra la propria vicinanza nei confronti dei lavoratori e verso Taranto”. Ma se la vicinanza del governo per i lavoratori è la cassa integrazione per questo c’era stato già il ministro del Lavoro Andrea Orlando.

 

Stiamo parlando degli ex lavoratori dell’Ilva che, con la cessione ad ArcelorMittal, e il contratto stipulato il 6 settembre 2018 dall’allora ministro Luigi Di Maio, non furono assunti dalla nuova società. E rimasero in cassa integrazione sotto l’amministrazione straordinaria. L’accordo prevedeva per loro, unici in Italia, un’integrazione salariale del 10 per cento in più rispetto alla normale Cigs. Cioè anziché il 70 per cento   dello stipendio anziché il 60 per cento. Perché questo privilegio? Non si sa. Soprattutto considerando che, ad esempio, ci sono cassintegrati come quelli della SiderAlloys in Sardegna che col sistema del decalage oggi ricevono solo 500 euro al mese. Mentre, per assurdo, oggi i cassintegrati di Ilva in amministrazione straordinaria prendono più dei cassintegrati di Acciaierie d’Italia, che non hanno diritto all’integrazione salariale. E solo per loro la regione Puglia ha speso 10 milioni di corsi di formazione (cucina, giardinaggio, addetto si segreteria) che finora non sono serviti a rioccupare nessuno. Parliamo di 1.786 cassintegrati. Questi, secondo l’accordo di Di Maio, avrebbero dovuto essere assunti da ArcelorMittal tutti, a scalare, da agosto 2023 fino al 2025. Ma a oggi nessuno di loro è stato reintegrato. Eppure i sindacati non hanno fatto ricorso. Questo perché con i patti parasociali firmati dal governo Conte II, e la costituzione della nuova società, è caduto quest’obbligo. Ciò vuol dire che questi lavoratori rimarranno cassintegrati a vita, anche se nessuno finora ha avuto il coraggio di dirglielo. 

 

A questi si aggiungeranno anche i 5 mila esuberi di Acciaierie d’Italia se e quando verrà attuato il piano di decarbonizzazione che, con il passaggio dagli altoforni ai forni elettrici, prevede il dimezzamento della forza lavoro. Ma anche questo finora ai lavoratori non l’ha detto nessuno. Mentre ogni governo, di ogni colore, continua a rivendicare la proroga di anno in anno, all’infinito, della Cigs. Anche il governo Meloni, che contemporaneamente si vanta di aver abolito il Reddito di cittadinanza. Dimenticando che il rinnovo a vita della casa integrazione è un Reddito di cittadinanza con il doppio del salario e senza neanche l’obbligo per il percettore di cercarsi un lavoro. E solo a Taranto, oltre ai 4 mila cassintegrati Ilva,  in questi giorni i sindacati stanno chiedendo la proroga della cassa integrazione per i 332 portuali in Cigs dal 2016, i 100 dell’ex Tessitura Albini, e i 50 dell’ex Cementir. La politica e l’impresa non sono riusciti a rioccupare neppure questi e, ogni anno, viene chiesto il rinnovo della Cigs. Tutti i dati economici della città con il numero più alto di cassintegrati in Italia sono in picchiata, senza considerare  la morte sociale, culturale e umana dei lavoratori a casa. Eppure c’è chi parla di riconversione.

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