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L'analisi

Anche Pichetto rinvia la liberalizzazione del mercato elettrico

Carlo Stagnaro

Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica parla come se il superamento della maggior tutela fosse una disgrazia improvvisa, mentre è un’opportunità di risparmio nota da tempo e da cui tra l’altro dipende l’erogazione dei miliardi del Pnrr

Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha detto che il completamento della liberalizzazione del mercato elettrico, previsto per gennaio 2024, potrebbe slittare ancora una volta perché “è difficile che dieci milioni di famiglie italiane all’11 gennaio del 2024 ricevano una bollettazione da una srl che non conoscono. E questo è il primo disagio. Ma il disagio maggiore è il quadro che abbiamo a livello internazionale per i prezzi”. La prima affermazione è falsa. La seconda infondata

Quando il mercato venne aperto, nel 2007, si scelse di mantenere “transitoriamente” una tariffa di riferimento, chiamata “maggior tutela”, erogata da una società collegata al gestore della rete di distribuzione. A causa di questa scelta, il mercato elettrico oggi è tra i più concentrati d’Europa, come emerge da varie relazioni dell’Autorità per l’energia (Arera) e dell’Antitrust. Nel 2017, dieci anni dopo, si valutò che la fase di transizione poteva dirsi conclusa. A tal fine, il governo chiese all’Arera un rapporto sullo stato del mercato, il quale certificò che i tempi erano maturi e che anche l’energia poteva imboccare la stessa strada che, senza tante cautele, hanno seguito con soddisfazione settori quali le telecomunicazioni e i trasporti aerei. Oggi sono passati altri sei anni e siamo sempre alle prese col superamento della tutela, a causa di resistenze mai veramente esplicitate (a opporsi pubblicamente sono solo alcune associazioni dei consumatori e sindacati delle imprese coinvolte, che temono gli impatti occupazionali di una perdita della quota di mercato).

La preoccupazione di Pichetto sul rischio di disorientare i consumatori è dunque infondata. Sono anni che si attende questo momento: a creare confusione semmai è la politica del rimandare a domani ciò che ci si era impegnati a fare oggi, certo non il rispetto di una scaletta annunciata con largo anticipo. Non è neppure vero che i clienti riceverebbero improvvisamente la bolletta da operatori sconosciuti: in teoria quelli ancora in tutela (circa un terzo delle famiglie) dovrebbero passare a un nuovo operatore a gennaio. Ciò significa che la prima bolletta arriverà almeno due mesi dopo, durante i quali il governo e l’Autorità dovrebbero provvedere a fornire adeguata informazione. La legge, in verità, impone che tale campagna informativa si svolga già prima del passaggio, cioè adesso. Se qualcuno ne ha notizia alzi la mano.

Le modalità di selezione dei nuovi fornitori rispondono al secondo timore del ministro. I clienti saranno suddivisi in pacchetti di dimensioni omogenee e assegnati, attraverso un meccanismo di asta, a chi proporrà le condizioni più vantaggiose. La stessa procedura si è già svolta nel 2021 per le piccole imprese e nel 2022 per le microimprese. Con quali risultati? Scrive l’Arera che “i prezzi… [sono] risultati generalmente vantaggiosi… e, per tutte le aree territoriali, si [sono] attestati al di sotto del valore” di tutela. Ciò è stato reso possibile dall’ampia partecipazione alle gare: è davvero improbabile che oggi il “livello internazionale dei prezzi” scoraggi gli operatori dal tentare di aggiudicarsi nuovi clienti. Infatti, nel 2022, quando i prezzi erano molto superiori e i mercati più imprevedibili, l’asta per le microimprese è stata un successo. 

Pichetto parla come se il superamento della maggior tutela fosse una disgrazia improvvisa, quando invece è un’opportunità di risparmio nota da tempo e da cui tra l’altro dipende l’erogazione dei miliardi del Pnrr. Il decreto che stabilisce le modalità del superamento della tutela (firmato da Pichetto) risale a maggio, la delibera dell’Autorità che vi dà attuazione è di agosto. L’unico oggettivo ostacolo sta nell’introduzione (col parere favorevole del governo) della clausola sociale per i call center, criticata dagli operatori e dalla stessa Autorità. Perché Pichetto, anziché scegliere ancora una volta la strategia del calcio alla lattina, non cerca di risolvere questo problema, come peraltro si era impegnato a fare? La sensazione è che il ministro (e forse il ministero) siano prigionieri della peggiore delle maledizioni: la convinzione che, poiché si è sempre fatto così, non si possa fare diversamente.