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editoriali

Calo dei consumi elettrici? Occhio

Redazione

Essere efficienti è positivo, ma i dati di Terna indicano anche un guaio industriale

Calo di quasi il cinque per cento nei consumi elettrici italiani nei primi sei mesi dell’anno in corso. E’ una buona notizia? Probabilmente una parte di questo calo – documentato da Terna, che ha registrato anche una domanda totale di elettricità in Italia durante il mese di giugno che ha evidenziato una diminuzione ulteriore, pari al 9,2 per cento se confrontato con lo stesso periodo del 2022 – è dovuta a varie misure di efficientamento e risparmio adottate da imprese e famiglie dopo lo shock dei prezzi dell’anno scorso con le punte estreme raggiunte nei mesi centrali del 2022. Se queste azioni permangono e diventano strutturali si tratta di una buona notizia perché migliora l’efficienza energetica italiana.

Ma c’è sicuramente un altro fattore che non rappresenta una buona notizia. Nonostante il raffreddamento delle punte estreme di prezzo del 2022, il differenziale con altri paesi europei, Francia e Germania in primo luogo, rimane molto alto, con prezzi anche del doppio. Soprattutto nei settori industriali ad alta intensità di energia. Siderurgia, carta, cemento… Settori in forte rallentamento nelle quantità prodotte per la pressione concorrenziale europea ed extraeuropea. Contare su un rientro ulteriore del livello dei prezzi dipendente in buona parte del costo del gas non è certo qualche cosa che si possa dare per scontato. Bisognerà agire ancora una volta su quella parte della bolletta che non riguarda direttamente il costo dell’energia ma piuttosto tasse, accise e oneri vari. Sperando che nel frattempo gli obbiettivi della transizione verde non aggiungano altri costi. Lo spazio disponibile con la spesa pubblica in Italia è assai ridotto e di conseguenza il sentiero è molto stretto. Ma è un po’ tutta l’industria cosiddetta pesante, ma fondamentale per l’economia di un paese industriale, in Italia e in Europa, a trovarsi a un crocevia difficile fra costi dell’energia, concorrenza asiatica e transizione. Farne a meno o condannarla a un lento declino per poi importare gli stessi bene e la stessa CO2 dal resto del mondo non sembra una buona idea. 

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