I DATI ECONOMICI

I numeri in calo del pil suggeriscono toste riforme a costo zero

Giuseppe De Filippi

Il rallentamento della crescita restringe il perimetro della manovra finanziaria del governo Meloni. La spinta attesa dai servizi, soprattutto da quelli legati al turismo, non è arrivata come previsto

La Commissione europea ci parla di un’economia italiana viva ma non troppo vitale. Sistema produttivo e famiglie reagiscono agli stimoli esterni, con i rimbalzi post pandemia e poi con il rallentamento dovuto sia alla fine degli incentivi sia alle condizioni generali peggiorate, con l’inflazione a frenare i consumi. Per entrambi questi fattori non ci sono responsabilità attribuibili ai governi che si sono succeduti dal 2022, quando il rallentamento è cominciato, o ad altri, perché dagli incentivi, a cominciare dal Superbonus, bisognava venir fuori e non c’erano scelte alternative.

D’altra parte, il rialzo dei prezzi e l’effetto degli aumenti dei tassi di interesse sono condivisi con il resto dell’Ue e non sono certo attribuibili a specifiche questioni italiane. Il tono stesso del documento previsionale europeo è puramente descrittivo e parla di una riduzione delle aspettative di crescita per l’intera economia della Ue, dalle previsioni di primavera che indicavano per il 2024 l’1,6 per cento si passa all’1,3. Il calo riguarda tutti e per l’Italia il 2024 dimagrisce passando dall’1,1 per cento di primavera allo 0,8 diffuso ieri. I mercati finanziari reagiscono senza scosse. Viva, si diceva, ma non vitale, perché la revisione al ribasso delle previsioni non sorprende e sembra perfettamente in linea con l’andamento di altri indicatori, dal mercato del lavoro all’attività di credito, dalla produzione industriale alle attese sui consumi. Ciò che sembra mancare è la capacità di reazione, rivelando il contenuto effimero delle sorprese positive con cui le imprese italiane avevano tenuto la scena europea nel 2022 e nel primo trimestre del 2023. La spinta attesa dai servizi, soprattutto da quelli legati al turismo, non è arrivata nell’entità prevista e la struttura dell’offerta nell’economia italiana si è cristallizzata, con la nota ritrosia politica a toccare gli equilibri concorrenziali non ottimali. La frenata tedesca e il riposizionamento dei grandi protagonisti della stagione della globalizzazione hanno tagliato il contributo che l’export ha dato all’economia italiana. A tutto questo non si reagisce con lo schema di manovra economica di cui si sente parlare da giorni o con le prospettive sempre meno significative della delega fiscale.

Sembra che tutto sia destinato a tornare alla quasi stagnazione degli ultimi anni. Mentre la stessa manovra economica vede ora compresse le sue possibilità di avere effetto sulla crescita attraverso interventi di tipo fiscale. Con meno crescita e senza neanche più molto da sperare dai dati Istat sul terzo trimestre del 2023 ci sarà ancora meno spazio fiscale per una manovra che già si presentava come fortemente limitata. Dopo un paio di giorni suonano già come invecchiate le polemicuzze italiane contro l’Ue, con quel tono un po’ surreale nel richiedere rapidità di pronuncia sull’operazione tra Ita e Lufthansa. Non potendo sfoggiare rapidità né chiarezza, da parte italiana, su un pronunciamento ben più atteso e importante ovvero sulla ratifica del Mes. Non è tempo di polemiche, lo stesso Paolo Gentiloni, oggetto di qualche sguaiata chiamata in causa per la difesa di indefiniti interessi nazionali, ha scelto di rispondere senza enfasi e senza nervosismo. Servirebbe, invece, vitalità e perfino la manovra potrebbe essere utile se accompagnata da qualche inizio di riforme in favore del lavoro, delle imprese e della competitività

Di più su questi argomenti: