Editoriali

Summit di Jackson Hole: banchieri centrali senza vere risposte

Redazione

Alla riunione dei vari governatori la domanda è: perché la cura dell’inflazione ha esiti opposti? Un'emergenza sempre più difficile da affrontare

Il presidente della Federal Reserve parlerà oggi (alle 16 ora italiana) aprendo i lavori dell’annuale simposio dei banchieri centrali a Jackson Hole. I mercati attendono ansiosi le sue parole, ma pochi s’illudono che Jay Powell rivelerà se l’ascesa dei tassi d’interesse proseguirà ancora. La banca centrale americana aveva illuso tutti con la sua pausa di giugno, ma il 26 luglio è tornata in trincea rincarando di altri 25 punti base (0,25 per cento). E’ l’undicesimo rialzo in un anno e il costo del denaro è arrivato al 5,5 per cento, il massimo in 22 anni. Dunque, non è finita, l’inflazione rallenta, ma non è doma. Powell non svelerà le sue carte, del resto ha sempre detto che si basa sui dati concreti e i fatti dicono che l’inflazione di fondo resiste all’attacco della politica monetaria: è ancora al 5,5 per cento in linea con il costo ufficiale del denaro. In passato è scesa solo con tassi ben più elevati, ma a costo di severe recessioni. Se la Fed non si ferma non si fermerà nemmeno la Bce.

Tuttavia tra gli Stati Uniti e l’Eurolandia la situazione è diversa. Negli Usa la stretta monetaria non ha avuto una ricaduta sull’economia reale: produzione e  domanda interna tirano, i salari aumentano, i posti di lavoro crescono. Nell’area dell’euro invece il rincaro del denaro comincia ad avere un impatto ben diverso. La Germania è in recessione, la Francia è in frenata. L’Italia che ha tirato più degli altri (con l’eccezione della Spagna) rallenta. E l’inflazione mostra una notevole resistenza alla cura. I tassi sull’euro sono al 4,5 per cento dopo l’aumento di luglio con i prezzi in crescita del 5,3 per cento scesi di un soffio (0,2) nonostante il giro di vite. Dunque si segue la stessa politica monetaria, ma con due economie reali disallineate. Come mai? E’ una delle domande alle quali i banchieri cercheranno di rispondere perché il tema di quest’anno è dedicato ai mutamenti strutturali nell’economia globale. Un dibattito non solo teorico: se è vero che le trasformazioni stanno riplasmando il mondo della produzione e degli scambi, le politiche monetarie e quelle fiscali dovranno tenerne conto.

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