(foto Ansa)

controsensi

Banche e Banco Posta, la doppia morale del governo sugli extraprofitti

Carlo Alberto Carnevale Maffè

Lo stesso fenomeno che Meloni e Co. addebitano agli istituti di credito in realtà lo si osserva anche con società controllate dal ministero dell'Economia. Ecco perché l'esecutivo sembra seguire "due pesi e due misure"

I ministri “Robin Hood” fanno razzie giustizialiste nelle banche ma non toccano le filiali di Banco Posta. Eppure, lo stesso fenomeno lamentato dal governo come “evidente stortura”, ovvero la ritardata traslazione del tasso ufficiale di sconto ai clienti sotto forma di interessi sui depositi (in ciò riferendosi solo ai conti correnti) è riscontrato anche nell’offerta finanziaria di Poste Italiane, società controllata direttamente dal ministero dell’Economia e delle Finanze con una quota del 29,7 per cento, e indirettamente tramite Cassa depositi e prestiti con un ulteriore 35 per cento. Anzi: il sistema bancario italiano sembra essere stato finora ben più sollecito e generoso di Banco Posta nel remunerare i depositanti. 

 

I dati ufficiali Abi al giugno 2023 mostrano quanto segue: 1) il tasso medio praticato sui nuovi depositi bancari a durata prestabilita è al 3,23 per cento, essendo aumentato di 294 punti base rispetto al giugno 2022 (0,29 per cento), prima dei rialzi dei tassi d’interesse; 2) il tasso medio praticato sui depositi in euro è 0,72 per cento (+40 bps rispetto al giugno 2022), e quello sui soli depositi in conto corrente è 0,32 per cento (era 0,02 un anno prima), con un incremento di 30 punti base; 3) i tassi d’interesse della raccolta postale, controllata dallo stato, riconoscono – oggi come nel 2022 – lo 0,00 per cento di interessi sui c/c postali e remunerano allo 0,50 per cento lordo i buoni a serie ordinaria al 1° anno, con nessuna variazione rispetto al giugno 2022.

 

Si dovrebbero dunque tassare anche i presunti “extraprofitti” della raccolta postale controllata dallo stato? Meglio evitare altre pericolose fesserie e ristabilire invece la verità dei fatti. Non è vero che l’incremento dei tassi ufficiali non sia stato trasferito ai clienti: il tasso medio ponderato della raccolta bancaria, ovvero gli interessi riconosciuti ai risparmiatori, è oggi del 3,27 per cento, con un incremento di 266 punti base in un anno.  E non è vero che le banche italiane si siano comportate diversamente dal resto dell’eurozona, dove secondo la Bce, tra giugno 2022 e marzo 2023, i tassi di interesse sui depositi a termine sono aumentati di circa 244 punti base, mentre i tassi di interesse sui depositi overnight sono aumentati di circa 25 punti base (fonte: Bce Fsr, maggio 2023).

 

Ma la doppia morale del governo qui è palese: di fronte allo stesso fenomeno si trattano le banche in un modo e le Poste in un altro. L’ironia del tutto, ammesso che si possa parlare di ciò di fronte al desolante spettacolo di sguaiato dirigismo e incompetenza finanziaria di buona parte della classe politica, alla maggioranza di destra come all’opposizione di sinistra, è che sia proprio Banco Posta a essersi finora comportato in modo del tutto razionale, svolgendo correttamente il proprio ruolo di soggetto impegnato nell’educazione finanziaria. Come ben spiega il sito di Poste Italiane, infatti, il conto corrente non è una forma di investimento dei risparmi, bensì uno strumento di servizio per le esigenze immediate di pagamenti e incassi. “Lasciare una grossa somma di denaro ferma sul conto corrente fa male ai propri risparmi – scrive correttamente il sito di Poste Italiane -; i tassi di interesse sui conti correnti sono pari a zero. Inoltre, non investendo i propri risparmi si rischia non solo di non farli fruttare nel tempo, ma di accumulare una perdita sicura”. Mentre Banco Posta propone una corretta informazione finanziaria, il governo considera una “distorsione” da punire fiscalmente la bassa remunerazione dei soli depositi in conto corrente, ignorando le altre forme di deposito ben più remunerate, e con ciò manda un messaggio radicalmente sbagliato alle famiglie, che invece andrebbero educate a valutare un portafoglio bilanciato e diversificato di opzioni di investimento dei propri risparmi.

 

Quella che Giorgia Meloni ha definito “differenza ingiusta” dei tassi di interesse passivi e attivi è in realtà dovuta a un fenomeno noto come “deposit beta”, studiato e monitorato attentamente dalle autorità di supervisione bancaria dell’Eurozona, che sono – diversamente da quanto pensa il governo italiano – le uniche istituzioni responsabili nell’intervenire in caso di eventuali “storture” rilevate nel settore bancario. Ma è la stessa Bce (fonte: Fsr, maggio 2023) a segnalare che “la crescente concorrenza e una riallocazione dei fondi dai depositi overnight a quelli a termine potrebbero portare a un aumento dei costi di finanziamento maggiore del previsto.

 

Ciò potrebbe tradursi in una minore redditività delle banche, compromettendo la loro stabilità in un contesto macroeconomico meno favorevole e con condizioni di finanziamento più rigide”. Come già avvenuto nel parere della Bce, emesso nel novembre 2022, che stroncava le motivazioni della tassa sui margini bancari imposta dal governo socialista spagnolo, il “deposit beta”, finché rimane nei limiti evidenziati, va considerato fenomeno fisiologico ed è semmai oggetto di interventi di politica monetaria, che sono stati peraltro adottati dalla Bce stessa, proprio per sollecitare le banche a mitigarne gli effetti. Invece in Italia il governo ha ritenuto di applicare la cosiddetta “Legge Fazzolari” per il sistema bancario, che così recita: “A ogni aumento dei tassi deve corrispondere in automatico un aumento degli interessi sui conti correnti”. Purché, s’intende, non siano quelli postali.

Di più su questi argomenti: