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Il commento

La crociata contro gli imballaggi di plastica è autolesionista e non aiuta l'ambiente 

Chicco Testa

Gli atteggiamenti ecologici che ci vengono imposti dall'Europa possono davvero fare la differenza? Perché per fronteggiare la crisi climatica sarebbe meglio adottare altre soluzioni

Gira un’altra di queste favole per anime desiderose di salvezza ecologica secondo la quale in tutto questo dopoguerra gli imballaggi sarebbero cresciuti a dismisura per una specie di volontà perversa e ingiustificata dei venditori di merci. Come se gli imballaggi non fossero anch’essi un costo e come tale da ridurre anziché incrementare, se non altro per ragioni di competitività e concorrenza. Certo, nel mondo contadino del dopoguerra gli imballaggi non esistevano, come non esistevano se non in modiche quantità i rifiuti. L’agricoltura era tutta biologica e le galline riciclavano quel che avanzava. Poi per fortuna è arrivata la crescita e con essa il benessere e le città sono esplose. Nel 1950, metà della popolazione era occupata in agricoltura. Oggi meno del 5 per cento e produce la stessa quantità di beni con una qualità molto migliore. Cosa c’entrano gli imballaggi? L’industria degli imballaggi ha accompagnato questa crescita, si è evoluta, ha usato sempre nuovi materiali. Perseguendo diversi obiettivi: protezione delle merci, sicurezza nel trasporto, conservazione del bene alimentare, igienicità, comodità del consumatore. Certo, anche quella che non è un peccato da punire. Per le famiglie urbanizzate, una benedizione: hanno smesso di dovere andare ogni giorno al negozio per acquistare esattamente quel che serviva, pena il deperimento della merce acquistata, e insieme al bene comprano la protezione dello stesso e la sua conservazione. Poi c’è qualcuno che esagera e l’esigenza di abbellire il prodotto, di renderlo “sexy”, aggiunge una parte forse inutile all’imballaggio. Ma come si diceva all’inizio, l’imballaggio è essenzialmente un costo e in quanto tale ha di solito precise giustificazioni. Siamo sicuri che un vuoto a rendere per esempio sia più conveniente di un vuoto a perdere in termini di tempo, comodità, organizzazione? Che rilavare tutte le stoviglie nei fast food sia più salubre ed energeticamente più conveniente del bicchiere monouso magari fatto con materiali riciclati? Che gli imballaggi monouso, lo abbiamo visto durante il Covid, siano uno spreco tout court piuttosto che un’ottimizzazione dei dosaggi? La mia vaschetta mini dose di prosciutto crudo mi evita di buttarne ogni volta la parte che deperisce. E non sono sicuro che sull’insalata all’ingrosso e a km zero non abbia fatto pipì il gatto del contadino. Tutti amiamo ordinare su Amazon, ma senza gli imballaggi adatti le merci di ogni genere non arriverebbero mai intatte a casa nostra. Certo, gli imballaggi producono rifiuti. Ma intanto l’Italia ha imparato a riciclarne una grande parte e molti produttori usano ormai materiali riciclati, ne sono forse i principali utilizzatori. Sempre i produttori poi, ricordiamoci il costo, cercano in ogni modo di risparmiare sui materiali necessari. Abbiamo quindi bisogno di un regolamento europeo che anziché incentivare per grandi linee riciclaggio e risparmio dei materiali ci detti per filo e per segno quali imballaggi siamo autorizzati a utilizzare e come? Fra l’altro vorrei capire come abbiamo fatto a metterci nella situazione per cui l’Europa decide tramite una serie successiva di Gosplan che auto possiamo guidare, come dobbiamo riscaldarci e come possiamo trasportare le nostre merci. Mentre il resto del mondo ci guarda divertito e occupa tutti gli spazi lasciati liberi da noi. Un ultimo dato. Di quanto ridurremo le emissioni di CO2 europee se perseguiamo tutti gli obiettivi del Regolamento? Qualche punto percentuale sul totale delle nostre emissioni che sono a loro volta il 9 per cento delle emissioni mondiali. Cioè lo zero virgola qualcosa.

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