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L'analisi

No, non è un Codice “Salvini”. Luci ed ombre nella riforma degli appalti

Marco Leonardi

Il testo approvato dal governo mantiene molti dei pregi decisi dall'esecutivo Draghi e dal Consiglio di stato. Ma il rischio di corruzione c'è ed è solo in parte bilanciato

Il trade-off è sempre quello tra velocizzare le procedure di appaltodi cui c’è tanto bisogno per il Pnrr – dando più discrezionalità nell’assegnazione dell’appalto alla Pubblica amministrazione e d’altro lato garantire le condizioni di concorrenza. Più si alza la soglia per l’affidamento diretto (cioè senza gara) e più si aumenta la discrezionalità dell’amministrazione nella procedura di assegnazione, più ci si espone al rischio corruzione. Il rischio di corruzione è però bilanciato dalla “qualificazione” delle stazioni appaltanti cioè si riservano gli appalti più complessi alle stazioni appaltanti più grandi che hanno le competenze per affrontarli. Anche nel passato si è tentato di ridurre il numero delle stazioni appaltanti ma poi si è tornati indietro. Nella versione finale del nuovo Codice il governo Meloni ha deciso di alzare il livello della soglia sotto la quale tutti i comuni (quindi anche quelli non “qualificati”) possono gestire la gara a 500 mila euro e contemporaneamente ha alzato la soglia per gli affidamenti diretti da 40 mila a 150 mila euro, mentre quella per la procedura negoziata a inviti senza bando (la vecchia “trattativa privata”) passa da 1 a 5,38 milioni. È proprio il combinato disposto di questi due cambiamenti – probabilmente dovuto al fatto che si volesse piantare la bandierina della liberalizzazione degli appalti e caratterizzare il Codice “Salvini” – che rischia di aprire la porta a molti abusi perché d’ora in poi più del 90 per cento degli appalti avverrebbe senza gara.

 

Ma il nuovo Codice degli appalti contiene anche molte cose buone già presenti nella bozza scritta dal Consiglio di stato su mandato del governo Draghi. Per esempio contiene il principio delle clausole sociali per cui i subappaltatori devono avere lo stesso contratto collettivo (Ccnl) dell’appaltatore principale. Succede spesso che il vincitore dell’appalto ha un buon Ccnl, poi però subappalta ad aziende che hanno Ccnl molto meno generosi, a volte contratti pirata. Questo principio di clausola sociale fu applicato per la prima volta in seguito alla revisione delle norme sulla sicurezza sul lavoro nel 2021: si ritenne infatti che migliorare le condizioni contrattuali potesse aiutare anche a evitare gli incidenti sul lavoro in quanto spesso le aziende che risparmiano sul costo del lavoro risparmiano anche sulle condizioni di sicurezza.

 

Il nuovo Codice degli appalti chiarisce anche i molti punti incerti della normativa sul partenariato pubblico-privato (Ppp) cioè per quelle opere e servizi che sono cofinanziate in parte da denaro pubblico e in parte da denaro privato. Il Ppp consiste nella cooperazione tra enti pubblici e soggetti privati per finanziare e gestire servizi o infrastrutture di interesse collettivo, che non potrebbero essere realizzati con investimenti esclusivamente pubblici. In Ppp si possono realizzare molte opere, per esempio una piscina o un parcheggio (o anche un’opera molto più complessa come il teleriscaldamento) che viene costruito con fondi pubblici e privati e poi gestito dall’operatore privato con una tariffa prefissata e un canone dell’amministrazione comunale che paga l’operatore privato per mantenere basse le tariffe al pubblico. L’assunzione del rischio in capo al privato è condizione necessaria che giustifica l’utilizzo del Ppp invece di un normale appalto pubblico in cui il comune mette a gara la costruzione di un’opera e poi la gestisce in proprio.

 

Il Ppp serve nel caso in cui l’amministrazione non abbia la disponibilità di soldi sufficiente per costruire l’opera, ma soprattutto nel caso in cui voglia usufruire delle competenze di un privato nell’attività di costruzione di opere particolarmente complesse e nell’attività di gestione successiva alla costruzione. Tra il 2002 e il 2019 (prima della pandemia), risultano circa 40 mila i procedimenti di Ppp avviati (gare aggiudicate e gare in corso), per un importo complessivo superiore ai 100 miliardi di euro e un incremento significativo negli ultimi 18 anni. Sebbene nel Pnrr l’attenzione delle amministrazioni sia più sullo spendere i tanti fondi pubblici a disposizione che sul chiedere l’intervento dei privati, adesso il Ppp può essere un volano per il Pnrr proprio perché coinvolge fondi e competenze del settore privato. Nel confronto con gli altri paesi europei, tuttavia, l’Italia ha ancora importanti margini di crescita nel Ppp che finora non aveva un quadro normativo chiaro. Il nuovo Codice chiarisce molti punti proprio perché non è affatto un Codice “Salvini” ma in gran parte del governo precedente e del Consiglio di stato.