Foto Ansa

gli occhi sulla cina

I mercati aspettano Xi al terzo mandato: la morsa dello stato non rassicura

Mariarosaria Marchesano

Il mondo finanziario internazionale guarda a Pechino con scetticismo dopo le ultime politiche disorientanti, tra "prosperità condivisa" e Zero Covid. Desta stupore anche la squadra di governo 

Il terzo mandato di Xi Jinping alla guidata della Cina è visto con un mix di interesse e scetticismo dagli investitori internazionali. Primo, perché capita nel pieno della riapertura del paese dopo la lunga politica Zero Covid. Secondo, perché il passo indietro nelle restrizioni normative ad alcuni settori dell’economia non convince del tutto. Terzo, perché lo scorso anno la Cina è cresciuta del 3 per cento, una delle peggiori performance degli ultimi decenni, e per quest’anno il governo di Pechino ha fissato un obiettivo di crescita del 5 per cento, considerato troppo modesto. “Nel suo terzo mandato, Xi dovrà concentrarsi sul rilancio economico, ma se continua con lo stretto controllo dello stato sul settore privato, le sue prospettive di successo non saranno incoraggianti”, ha commentato Willy Lam, storico e osservatore politico della Jamestown Foundation, centro studi statunitense. In effetti, Xi è atteso sui mercati finanziari dopo che politiche come quella della “prosperità condivisa” hanno ottenuto l’effetto di disorientare i grandi investitori e dopo che blocchi prolungati come quelli del porto di Shanghai hanno mostrato la fragilità di una catena globale del valore in cui la Cina svolge un ruolo centrale. Se un gruppo finanziario come Schroeders, uno dei più grandi a livello globale, fondato nel 1804 e quotato alla Borsa di Londra dal 1959, si domanda se la riapertura della Cina sia un bene per l’economia globale, vuol dire che qualcosa è mutato nel rapporto tra una superpotenza e il mondo dei capitali in cerca di allocazione. 

Secondo David Rees, senior economist di Schroeder per i mercati emergenti, “mentre l’abbandono della politica Zero Covid ha chiaramente migliorato le prospettive della Cina per quest’anno, il resto del mondo potrebbe non beneficiarne molto, se non per nulla. Infatti, anche se abbiamo rivisto al rialzo le nostre aspettative di crescita per Stati Uniti ed Eurozona per quest’anno, i miglioramenti sono dovuti a fattori interni piuttosto che alla spinta proveniente dalla Cina”. Rees spiega che solitamente l’Europa beneficia di una ripresa dovuta al ciclo economico cinese, poiché una crescita più sostenuta stimola gli investimenti dei produttori in risposta all’aumento della domanda di beni. “Tuttavia, questa volta ci aspettiamo che la ripresa economica sia orientata verso i servizi e non verso il settore manifatturiero”. Inoltre, “non è ancora chiaro se le multinazionali aumenteranno gli investimenti in Cina in un momento in cui le pressioni geopolitiche spingono verso la diversificazione della catena di approvvigionamento”. 

Desta qualche stupore, poi, la squadra di governo di Xi Jinping. Generali Investments osserva che il Congresso Nazionale del Popolo ha espresso un “modesto” programma di crescita tra “volti nuovi”. Oltre alla conferma di Xi come presidente, Li Qiang – riconosciuto come maggior artefice della rapida riapertura post Covid – dovrebbe essere nominato premier, ruolo tradizionalmente responsabile dell’economia. E’ poi probabile che Ding Xuexiang diventi vice premier esecutivo, He Lifeng vice premier e Zhu Hexin il nuovo capo della Banca centrale. “Tutte nomine viste come parte del tentativo di Xi di rafforzare l’influenza del partito – osserva Generali Investments – A differenza di molti precedenti funzionari che avevano maturato un’istruzione occidentale, i quattro nomi menzionati sembrano mancare di esperienza internazionale”.

Una cosa è certa, la riapertura cinese è considerata una manna per il settore mondiale del lusso sia perché la classe ricca tornerà a viaggiare e a fare shopping nei negozi occidentali sia perché tornerà ad aumentare la domanda di beni voluttuari occidentali. Ma anche qui attenzione, perché in Cina si sta verificando un mutamento dei modelli di consumo. Gli strategist di Pictet Asset Management spiegano che i benestanti, invece di comprare l’ennesima borsa griffata o l’ennesimo orologio di lusso, stanno investendo nell’istruzione, nei servizi sanitari, in hobby raffinati come la pittura o lo studio di uno strumento musicale o nello sport d’élite (più popolare che mai è diventato lo yoga). Insomma, negli ultimi tre anni tutto è cambiato. E c’è chi è convinto che la deglobalizzazione porterà verso la rilocalizzazione degli impianti e verso nuovi metodi produttivi. “Sebbene la Cina sia ancora un centro manifatturiero importante, sono aumentati gli ordini dagli Stati Uniti e da altri paesi come Vietnam e India. I produttori stanno reagendo alle tensioni geopolitiche e agli incentivi governativi aprendosi a nuovi mercati”, osserva Gam Investments in una ricerca. 

Di più su questi argomenti: