Foto di Stefano Cavicchi, via LaPresse 

LE RICHIESTE DEGLI INDUSTRIALI

“Sull'energia Meloni continui il lavoro di Draghi. L'Italia va difesa a Bruxelles”. Parla Pasini (Feralpi)

Maria Carla Sicilia

Confindustria lancia l'allarme: "Sono a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro". Per il presidente delle acciaierie bresciane la partita europea non può essere persa: "È a rischio la competitività dell'industria italiana"

“Il primo punto dell’agenda Meloni? L’energia”. Da presidente del gruppo Feralpi che solo in Italia consuma più di un miliardo di kilowattora all’anno, Giuseppe Pasini ha le idee chiare su cosa dovrebbe fare il prossimo esecutivo per tenere dritto il timone in quella che secondo lui è “una perfetta tempesta economica”. Molto passa dalla continuità con le misure adottate dal governo guidato da Mario Draghi. “Sì, avrei preferito che ci fosse lui in questa fase, ma è andata così ed è ora di guardare avanti”.

 

La strada è in parte già tracciata. “Per prima cosa va chiarito che non si possono abbandonare le politiche di aiuto per le piccole, medie e grandi imprese, soprattutto quelle che consumano più energia per via dei propri processi produttivi”, dice Pasini al Foglio. Le date da segnare sul calendario sono novembre e dicembre: il mese prossimo termina la proroga del credito di imposta, esteso con l’ultimo decreto Aiuti al 40 per cento per le imprese energivore come le acciaierie bresciane del gruppo Feralpi e al 30 per cento per le altre; a fine anno termina invece l’azzeramento degli oneri di sistema per tutti gli utenti. Difficile per il prossimo esecutivo sottrarsi a un altro rinnovo se non si vuole dare un colpo all’economia del paese.

Per dirla con le parole del presidente di Confindustria Carlo Bonomi: “Salvare il sistema industriale italiano dalla crisi energetica è un tema di sicurezza nazionale. Migliaia di aziende sono a rischio, centinaia di migliaia di posti di lavoro e di reddito per le famiglie. Tutte le risorse disponibili, escluse quelle per i veri poveri, vanno concentrate lì – ha detto ieri all’assemblea degli industriali di Varese – perché senza industria non c’è l’Italia”. I primi segnali si fanno vedere: secondo i dati diffusi da Staffetta Quotidiana, rivista specializzata in temi energetici, i consumi industriali di gas a settembre sono diminuiti del 22,5 per cento. Segno che la produzione frena.

Riuscire ad adeguare i sostegni economici ai rincari, tuttavia, è un gioco a perdere. Da circa un anno, negli otto stabilimenti italiani di Feralpi ogni giorno si aspetta l’aggiornamento dei prezzi dell’elettricità pubblicato dal Gestore dei mercati energetici (Gme) per valutare come organizzare il lavoro dell’indomani. “Quando vediamo che in certe fasce orarie si raggiungono dei picchi eccessivi, programmiamo la sospensione delle attività. C’è un sistema tecnologico molto flessibile che ce lo consente, anche se questo vuol dire rallentare la produzione”. Nella giornata di oggi il picco sarà alle 20, quando il prezzo unico nazionale (Pun) raggiungerà i 600 euro per megawattora. Il Pun è ormai un’altalena, influenzato anche dall’andamento del gas sul mercato olandese del Ttf: come segnalava ieri il Sole 24 ore sulla base dei dati del Gme, nel terzo trimestre è quasi raddoppiato rispetto al trimestre precedente, passando in media da 249,1 a 471,5 euro al megawattora.

 

Non è detto che l’aumento dei prezzi sia un problema congiunturale – ragiona Pasini – perciò vanno introdotte anche risposte strutturali. Bisogna continuare con la sburocratizzazione per favorire l’installazione degli impianti rinnovabili, con cui possiamo sostituire una quota di gas. E dobbiamo portare a compimento il piano con cui si prevede di raddoppiare la produzione di gas nazionale”. Ancora interventi nel solco dell’ultimo anno di governo Draghi. 

L’altra partita importante, non a caso, si gioca a Bruxelles. “C’è da portare avanti un dialogo in Europa e il nuovo esecutivo dovrà essere molto presente in quella sede. Da quello che ho sentito, Meloni ha le idee chiare. Il messaggio che deve passare è che non può essere lasciato indietro nessuno”, dice l’ex presidente di Confindustria Brescia, che teme uno svantaggio competitivo ai danni dell’Italia se ciascun paese continua a introdurre misure senza una cornice comune.

 

I 200 miliardi di aiuti della Germania – dove Feralpi produce più di un milione di tonnellate di acciaio – e il tetto al prezzo del gas della Spagna – dove il gruppo ha un piccolo stabilimento – sono due spie di questa preoccupazione. “L’Italia non ha lo spazio fiscale della Germania e rischia di restare indietro. La priorità deve essere mantenere il paese competitivo e proteggere la manifattura. Bruxelles non può permettere che si creino diseguaglianze”. 

  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.