I razionamenti e l'ecologismo ideologico potrebbero far restare l'Italia al freddo
Secondo il piano presentato dal ministro Cingolani, il nostro paese dovrebbe razionare circa 4 miliardi di metri cubi di gas se Mosca chiudesse i rubinetti. Ma mancano sia un programma d'azione sia la capacità di superare l'ambientalismo ideologico che ostacola le infrastrutture strategiche
Nel caso di stop immediato alle importazioni di gas russo la Germania dovrebbe razionare circa il 25 per cento dei propri consumi di metano nei prossimi otto mesi. E’ questo il risultato di uno studio pubblicato la scorsa settimana dalle Università di Bonn e Colonia. A essere maggiormente colpito sarebbe il settore industriale, che dovrebbe ridurre i propri consumi di circa 90 twh, pari al 42 per cento del razionamento complessivo atteso. Il rimanente 58 per cento sarebbe a carico, in eguale misura, dei clienti civili e della produzione termoelettrica.
L’impatto negativo sul pil non sarà trascurabile. Questo perché, osservano i ricercatori tedeschi, se nel frattempo gli stoccaggi di gas si stanno progressivamente riempiendo e la Germania sta diversificando gli approvvigionamenti attraverso accordi internazionali e l’installazione di rigassificatori galleggianti, l’inverno è alle porte e i consumi sembrano reagire poco alle impennate dei prezzi. E in Italia cosa accadrebbe se Mosca chiudesse subito i rubinetti del gas? Secondo il piano presentato dal ministro Roberto Cingolani nella conferenza stampa dello scorso 27 luglio, l’Italia dovrebbe razionare circa 4 miliardi di metri cubi fra agosto 2022 e marzo 2023. Ossia un volume pari al 7 per cento dei consumi medi annui nel periodo agosto–marzo degli ultimi cinque anni. Lo stesso target che l’Italia è riuscita a ottenere nell’ultimo Consiglio Ue dei ministri dell’Energia, con riferimento alla riduzione dei consumi di gas da realizzare volontariamente, e poi obbligatoriamente in caso di emergenza a livello dei 27, per fronteggiare un’eventuale sospensione delle importazioni di gas russo.
In questa ipotesi, secondo il piano del ministro, entro dicembre potremmo fare affidamento su 6 miliardi incrementali di metri cubi di gas naturale – grazie alle maggiori importazioni da Algeria e Azerbaigian e all’aumento della produzione nazionale – e su altri 1,5 miliardi di gnl in arrivo prevalentemente dall’Africa. Un dato che potrebbe essere sovrastimato visto che ancora pendono i provvedimenti attuativi sull’incremento di produzione nazionale di gas. Altri 2,6 miliardi di metri cubi sono attesi dall’abbassamento di un grado del riscaldamento residenziale pubblico e privato e dall’aumento della produzione termolettrica a carbone
Tuttavia, due questioni rimangono ancora aperte. La prima è come attuare il razionamento. Ossia quali clienti dovranno contribuire, con quale priorità e secondo quali modalità. Il regolamento approvato nel corso dell’ultimo Consiglio Ue dei ministri dell’Energia prescrive che gli stati membri elaborino tale piano di azione entro fine ottobre. Un termine che, se la situazione non fosse così seria, farebbe sorridere, dato l’inverno imminente. Anche perché tali misure richiederanno interventi attuativi e, ancora prima, un confronto politico. Tutto questo, in Italia, nel mezzo di un cambio di governo.
La seconda questione riguarda un tema che sarà centrale nell’agenda delle forze politiche che governeranno il paese. Ossia come gestire il dissenso delle comunità locali rispetto alla realizzazione delle infrastrutture energetiche necessarie a superare la dipendenza dal gas russo ed evitare il rischio di razionamenti ripetuti: impianti rinnovabili, infrastrutture di rete elettriche, gasdotti e rigassificatori. L’Italia può oggi importare sino a circa 15 miliardi di metri cubi l’anno di gnl. Nel 2023 se ne attendono 17 miliardi in più. Se a Ravenna il sindaco Pd Michele De Pascale procede spedito, a Piombino il rigassificatore galleggiante di Snam, che dovrebbe consentire l’importazione di 5 miliardi di metri cubi all’anno, è oggetto di una compatta opposizione sociale.
Tra gennaio e marzo dell’anno prossimo dovremo sostituire circa 7 miliardi di metri cubi di gas russo, nello scenario estremo. E oltre 20 nella parte rimanente dell’anno. O chi governerà il paese chiarisce subito su come intende affrontare l’ambientalismo ideologico, oppure i razionamenti dei consumi che ci aspettano saranno assai peggiori delle più rosee previsioni dell’attuale esecutivo. A farne le spese saremo tutti. Anche a Piombino.
Verso la legge di bilancio