energia per la guerra
L'embargo su gas e petrolio russo conviene. Ecco perché
L’eurodeputato Luis Garicano ci spiega quanto costa l’inazione sul gas della Federazione russa. Oggi il voto a Strasburgo
Strasburgo. Continuare a rinviare l’embargo sul gas e il petrolio della Russia avrà “costi più alti” per l’economia dell’Unione europea che non tagliare immediatamente le forniture per togliere le risorse che permettono a Vladimir Putin di portare avanti la sua guerra contro l’Ucraina, dice al Foglio l’eurodeputato spagnolo di Renew ed economista, Luis Garicano. Gli ambasciatori dei ventisette ieri hanno discusso il quinto pacchetto di sanzioni dall’inizio del conflitto. L’approvazione formale è stata rinviata a oggi, perché alcuni paesi hanno chiesto una deroga all’embargo sul carbone per i contratti in essere.
Ma il quinto pacchetto “non funzionerà”, ha avvertito l’europarlamentare belga, Guy Verhofstadt, che con Garicano sta conducendo una campagna al Parlamento europeo per chiedere un embargo totale su energia e petrolio (il voto è previsto oggi e l’esito è incerto). La sanzione più significativa del nuovo pacchetto (il divieto di importazione di carbone) è “ridicola”, ha detto Verhofstadt: vale il 3 per cento delle esportazioni russe. Putin sarà privato di 4 miliardi di euro di entrate l’anno dal carbone contro i 300 miliardi di euro dagli idrocarburi. Lo stesso presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha ammesso che “prima o poi” serviranno misure anche contro il gas e il petrolio. La minaccia di sanzioni non ha scoraggiato l’invasione di Putin. I primi quattro pacchetti di sanzioni non hanno spinto il presidente russo al cessate il fuoco.
“I pacchetti graduali di sanzioni con un autocrate non funzionano”, ha spiegato Verhofstadt. In più ci sono tutte le eccezioni chieste dagli stati membri per non correre il rischio di vedersi tagliare il gas da Putin, come il mantenimento di Sberbank e Gazprombank in Swift per continuare a pagare le forniture. “Abbiamo scoperto che le nostre sanzioni, che erano abbastanza forti, hanno così tanti buchi che alla fine sono inefficaci”, spiega Garicano: “Il sistema finanziario è stato stabilizzato dalla Banca centrale russa con la valuta forte che sta arrivando dall’Europa. Paghiamo così tanto per carbone, petrolio e gas (quasi un miliardo di euro al giorno) che, anche se le riserve sono congelate, ogni giorno hanno soldi per stabilizzare il sistema finanziario”. I russi “stanno usando questo denaro per pagare le armi, gli stipendi dei soldati, eccetera. La guerra è pagata con i nostri soldi. Dobbiamo smettere di pagare per la guerra di Putin”, dice Garicano.
Alcuni paesi dell’Europa occidentale – Germania e Austria in testa – continuano a opporsi a un embargo su gas e petrolio. L’argomento del governo di Olaf Scholz è sostanzialmente questo: la Germania non può permettersi di rinunciare oggi agli idrocarburi russi perché altrimenti andrebbe in recessione e serve tempo per diversificare le fonti di approvvigionamento. Agli occhi di Berlino e altre capitali, un embargo su gas e petrolio sarebbe più costoso per l’Ue che per la Russia, per il calo del pil e l’aumento dei prezzi, con possibili ripercussioni politiche data la riduzione del potere d’acquisto degli elettori. Garicano ribalta l’argomento e i calcoli tedeschi.
Continuare a versare nelle casse del Cremlino un miliardo di euro al giorno significa prolungare la guerra di Putin, ma anche le dolorose conseguenze economiche per l’Europa. “Meglio fare (l’embargo) subito”, dice Garicano: “Il costo dell’inazione è una guerra più lunga, nella quale Putin ottiene i soldi per pagare gli stipendi e le armi. Significa più instabilità e costi economici più grandi”. Secondo Garicano, lo scenario di “una guerra che dura due o tre anni” porterebbe a “più incertezza economica e meno investimenti nel medio termine”. La stagnazione, forse la stagflazione, diventerebbe la nuova normalità. Una vittoria di Putin sarebbe ancora “peggio”, dice Garicano: “Provate a immaginarvi cosa significherebbe in termini di costi economici avere una frontiera con la Russia in termini di incertezza e investimenti”.
Garicano fa il parallelo tra la risposta al Covid-19 e quella alla guerra di Putin. Per lottare contro la pandemia, l’Ue non ha esitato a mettere la sua economia in lockdown, con una perdita di pil mai vista dalla Seconda guerra mondiale. Con un embargo su petrolio e gas “nessun economista indipendente, inclusa la Bce, vede un costo di più del 3 per cento del pil”, dice Garicano. Per la Germania, comunque, non è un problema. “Ha un debito molto basso” e, “se ci sono perdite, può semplicemente firmare assegni come ha fatto con il Covid”. Secondo Garicano, il problema di Scholz è che “teme che le sue imprese che dipendono dalle importazioni di gas russo a basso costo avranno problemi nel lungo periodo”. Ma è un’altra questione rispetto al non potersi permettere un embargo. “Forse non avrebbero dovuto diventare così dipendenti dal gas russo in questi anni, in particolare dopo la Crimea”, dice Garicano.
Al di là dei calcoli economici, c’è comunque il calcolo morale. “Invece di pagare un prezzo per la libertà” dell’Ucraina e dell’Europa, “paghiamo un prezzo per le pallottole” di Putin. “La storia dirà che siamo complici”, avverte Garicano. Per lui e Verhofstadt, è giunto il momento che l’Ue cambi strategia, lasciandosi alle spalle l’approccio graduale. “E’ tempo di convocare un Consiglio europeo straordinario il più rapidamente possibile e adottare il pacchetto completo di sanzioni subito. Tutto il resto non funzionerà. Tutto il resto prolungherà la guerra. Tutto il resto significa più morti ucraini”, ha detto Verhofstadt.
Verso la legge di bilancio