Piani sballati

Perché la guerra in Ucraina non scalzerà il predomino del dollaro

Giampaolo Galli

L’idea di lanciare una valuta mondiale costruendo un paniere con le sole monete dei Brics ha ben poche speranze di successo, anche perché si tratta di paesi diversissimi, non tutti stabili e con pochissimi scambi fra di loro. Mentre la moneta americana continua a essere preminente nella scena economica mondiale 

La guerra in Ucraina sta spingendo la Russia e vari paesi emergenti a prefigurare valute che sostituiscano il dollaro. Questo è stato uno dei temi discussi al recente summit dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). Il comunicato finale del 23 giugno contiene solo l’impegno a rafforzare il Cra (Contingent Reserve Arrangement) che è una sorta di concorrente del Fondo Monetario Internazionale. Ma l’idea, propugnata dalla Russia,  è quella di lanciare una valuta mondiale costruendo un paniere con le monete dei Brics.

 
Le ragioni che spingono la Russia e forse gli altri Brics a cercare alternative al dollaro sono chiare, ma la possibilità di successo sono davvero minime. 


Andando per ordine,  vediamo le ragioni. Fin dagli anni sessanta, Valéry Giscard d’Estaing parlò dell’“esorbitante privilegio” del dollaro. Il privilegio ha due aspetti. Il primo, quello cui pensavano i francesi, è che gli Stati Uniti possono mantenere anche per lunghi periodi di tempo una bilancia commerciale in deficit senza che questo determini una crisi o una svalutazione del dollaro; il motivo è che il resto del mondo desidera detenere riserve in dollari e, apparentemente,  quei dollari non sono frutto della fatiche e del lavoro degli americani, perché vengono prodotti in quantità teoricamente illimitate  dalle ‘stampante’ della Riserva Federale, la banca centrale americana. 

 
Il secondo aspetto del privilegio, quello che più preoccupa i russi in questo momento, è che l’isolamento di un paese dagli scambi mondiali è possibile per il fatto che nella gran parte degli scambi internazionali si usa il dollaro. 


Il tema è diventato caldo anche in Occidente ed è oggetto di riflessioni alla Federal Reserve al Fondo Monetario Internazionale, anche perché in questi anni molti profeti di sventura hanno dato il dollaro per morto  o moribondo, in conseguenza della perdita di peso degli Stati Uniti sul pil mondiale nonché della grande crisi finanziaria del 2008-2009.  Pochi giorni fa ai profeti si è unito Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, sostenendo che bitcoin sostituirà il dollaro.  Le analisi serie dicono altro e convergono su alcune conclusioni di fondo. In sostanza, il dollaro è rimasto al centro del sistema degli scambi internazionali. Infatti, circa il 90 per cento delle transazioni sul mercato dei cambi vede  il dollaro come una delle due controparti; circa metà dei prestiti bancari internazionali è denominata in dollari (circa un terzo è in euro in gran parte fra paesi dell’eurozona) e un venti per cento in valute terze; quasi le stesse proporzioni si rilevano a proposito del ruolo del dollaro come valuta di fatturazione e come valuta di pagamento nel sistema Swift. 


E’ vero che negli ultimi vent’anni, il dollaro è sceso leggermente nelle riserve delle banche centrali, dal 70 al 60 per cento. Ma ciò non è avvenuto a vantaggio della valuta cinese  e neanche dell’euro -che rimane attorno al 20 per cento. E’ invece cresciuto il peso  di valute considerate minori, ma molto stabili, come il dollaro canadese, la corona svedese e il won sud-coreano. La valuta cinese conta solo per il 2 per cento delle riserve mondiali e un terzo di questo 2 per cento è detenuto dalla Russia. Lo yuan non può ambire a sostituire il dollaro perché non è pienamente convertibile, perché in Cina i movimenti di capitali  sono soggetti a controlli stringenti, perché il paese è molto lontano dal rispettare i diritti di proprietà, perché manca un mercato dei capitali spesso e liquido paragonabile a quello dei Treasuries americani. 


Inoltre, occorre tenere conto che il ruolo del dollaro è maggiore del suo peso nelle riserve mondiali perché molti paesi lo usano per ancorare il valore delle loro monete, come l’Europa faceva con il marco tedesco fino alla creazione della moneta unica. Si stima che circa il 50 per cento del pil mondiale (al netto degli Stati Uniti) sia prodotto in paesi le cui valute sono legate al dollaro. Persino la Cina di fatto usa il dollaro come àncora. In teoria, la Cina cerca di stabilizzare il cambio dello yuan rispetto a un paniere di valute. Tuttavia più di metà di queste valute hanno come riferimento il dollaro, il che comporta che di fatto i movimenti dello yuan rispetto al dollaro sono tipicamente piuttosto contenuti. Infine, vi è consenso fra gli analisti che il Bitcoin e le altre cripto assets non hanno le caratteristiche minime, in termini di stabilità e fiducia, che sono necessarie per diventare valute di riserva.


In sostanza, per ora non si vedono alternative possibili al dollaro. L’idea di lanciare una valuta mondiale costruendo un paniere con le sole monete dei Brics ha ben poche speranze di successo, anche perché si tratta di paesi diversissimi, non tutti stabili, con pochissimi scambi fra di loro e tutti con controlli sui capitali. L’annuncio della morte del dollaro è largamente prematura ed è molto improbabile che  la guerra in Ucraina possa cambiare questo scenario.

Di più su questi argomenti: