Editoriali

L'apprezzamento del rublo per effetto delle sanzioni è un guaio per Putin

Redazione

Tutte le stime internazionali, anche quelle delle istituzioni russe, prevedono un crollo del pil di Mosca attorno all’8 per cento. La recessione più profonda da circa 30 anni. Lo stesso rafforzamento della moneta non è altro che un prodotto dell’efficacia delle sanzioni, che colpiscono l’import molto più dell’export

Ieri al Senato Mario Draghi ha detto che “le sanzioni alla Russia funzionano, il tempo sta rivelando che sono sempre più efficaci”. Parole di segno opposto a quelle di Vladimir Putin che, nel suo intervento al Forum di San Pietroburgo (Spief), ha dichiarato fallita la “guerra lampo”  dell’occidente  dato che le “folli sanzioni” si stanno ritorcendo contro l’Europa. La dimostrazione, dice Putin e ripetono i suoi propagandisti, è il rafforzamento del rublo, ora arrivato sotto i 54 rubli per dollaro, ai massimi storici dal 2015. Chi ha ragione, quindi, tra Draghi e Putin? Ovviamente il presidente del Consiglio. E non perché lo dica lui, ma perché tutte le stime internazionali (Draghi ha citato il Fmi) ma anche quelle delle istituzioni russe (dal governo alla Banca centrale) prevedono  un crollo del pil russo attorno all’8 per cento.
 

La recessione più profonda da circa 30 anni. E questo senza considerare l’ultimo pacchetto di sanzioni. Lo stesso rafforzamento del rublo non è altro che un prodotto dell’efficacia delle sanzioni, che colpiscono l’import russo molto più dell’export. Vuol dire che la Russia  accumula rubli dall’export di idrocarburi, che però non riesce a spendere per importare prodotti fondamentali (chimica, meccanica, tecnologia, etc.). Questo blocco  fa apprezzare oltremisura il rublo, cosa che però non è un bene per l’economia russa: in primo luogo perché riduce il bilancio federale (incassa meno rubli per ogni dollaro esportato di gas e petrolio), inoltre perché rende meno competitive le industrie russe con l’estero quando si apriranno  canali di importazione. Ciò che Putin ritiene un segno di forza è ora uno dei principali problemi dell’economia russa. Proprio al Forum di San Pietroburgo Herman Gref, il ceo di Sberbank, la principale banca russa, ha detto che “il ritorno dell’economia al livello del 2021 può richiedere dieci anni” e che tutto si è capovolto: “L’export sta diventando un veleno per l’economia, attraverso il rafforzamento del rublo e la distruzione della produzione nazionale”. E’ questo l’effetto delle sanzioni.

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