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In Europa prende piede l'idea del “price cap” sul gas. La Germania è meno riluttante

David Carretta

Il meccanismo fisserebbe il tetto massimo sulle importazioni di gas o petrolio dalla Russia, imposto unilateralmente da tutti i paesi per impedire a Mosca di vendere a un prezzo più alto. Putin si troverebbe di fronte a una scelta: continuare a fornire idrocarburi all’Ue incassando meno oppure tagliare i flussi e azzerare le entrate dall’Ue

Bruxelles. La Grecia ieri è diventata l’ultimo stato membro dell’Unione europea a vedersi tagliare o ridurre le forniture di gas dalla Russia nel contesto della guerra contro l’Ucraina. In teoria il rubinetto rimarrà chiuso temporaneamente. Sabato Gazprom ha annunciato lavori di manutenzione annuali sul gasdotto TurkStream – che dalla Russia porta il gas in Turchia e poi nell’Europa del sud e nei Balcani – da oggi e fino al 27 giugno. “L’interruzione non dovrebbe influire sulla sicurezza dell’approvvigionamento del paese”, ha assicurato la società greca, Depa. Ma l’ennesima interruzione sembra rientrare in una strategia della Russia di logoramento dell'Ue sul gas. Gazprom ha totalmente tagliato le forniture ai paesi che non hanno accettato di effettuare i pagamenti in rubli (Polonia, Bulgaria, Danimarca, Finlandia e Paesi Bassi) e ha ridotto i flussi ad alcuni dei suoi più importanti clienti che si erano adeguati al decreto firmato da Vladimir Putin il 31 marzo (Germania, Italia, Francia, Austria, Slovacchia, Repubblica ceca e Slovacchia).
 

In una sola settimana, dopo i primi annunci sul gasdotto Nord Stream, il prezzo del gas sul mercato europeo è passato da 83 a 122 euro megawattora. Il governo tedesco domenica ha annunciato misure d’emergenza per ridurre la domanda di gas per la produzione elettrica, tra cui l’incremento dell’utilizzo delle centrali a carbone. Anche Austria e Italia stanno preparandosi a passare a una nuova fase. La guerra di logoramento del gas dovrebbe irrompere, al fianco della guerra di logoramento nel Donbas, nelle discussioni del Consiglio europeo di giovedì e venerdì e del vertice del G7 che inizierà domenica, anche se non è formalmente in agenda. E’ lì che la proposta di Mario Draghi di un “price cap” (un tetto sul prezzo) del gas importato dalla Russia potrebbe decollare.
 

Draghi aveva già ottenuto un primo successo al Consiglio europeo del 30 e 31 maggio, quando era riuscito a far inserire nelle conclusioni un invito alla Commissione a esplorare “la fattibilità dell’introduzione di tetti temporanei ai prezzi all’importazione”. Un portavoce ieri ha spiegato che la Commissione è al lavoro, ma per il momento non ci sono novità. Secondo un diplomatico dell’Ue, le proposte di Ursula von der Leyen potrebbero arrivare dopo il Consiglio europeo e il vertice del G7 sulla base della discussione tra i leader. “Un meccanismo di price cap o di dazi sugli idrocarburi importati dalla Russia sta incontrando sempre più sostegno”, spiega al Foglio un funzionario europeo. Il “price cap” fisserebbe il tetto massimo sulle importazioni di gas o petrolio dalla Russia, imposto unilateralmente da tutti i paesi per impedire a Mosca di vendere a un prezzo più alto. Un’altra ipotesi è l’introduzione dei dazi per ridurre le entrate della Russia. Questi meccanismi sono considerati più facili da attuare sul gas (i gasdotti non si possono spostare nell’immediato) che sul petrolio (le petroliere possono essere dirottate facilmente), salvo non formare un cartello dei compratori a livello globale. Putin si troverebbe di fronte a una scelta: continuare a fornire idrocarburi all’Ue incassando meno oppure tagliare i flussi e azzerare le entrate dall’Ue.
 

Sia sul gas sia sul petrolio, le resistenze maggiori sono venute dalla Germania. Il governo di Olaf Scholz è terrorizzato dalla prospettiva di una ritorsione con la chiusura totale dei rubinetti. “Hanno paura”, dice al Foglio una fonte dell’Ue. Ma l’uso del gas come arma ha scosso le certezze di Berlino. Il ministro tedesco dell’Economia, Robert Habeck, domenica ha detto alla Zdf che si tratta di  un “braccio di ferro, con Putin che ha il braccio più lungo. Ma questo non significa che non si possa avere il braccio più forte esercitando la forza”. Per Habeck, “la strategia di Putin serve a spaventare, spingere i prezzi verso l’alto e dividerci”. Secondo la fonte dell’Ue, la Germania sta “gradualmente” convincendosi, ma c’è il rischio del “troppo poco, troppo tardi”. Dal 24 febbraio, i paesi dell’Ue hanno comprato gas e petrolio russi per un valore di 60 miliardi di euro. C’è denaro a sufficienza per proseguire la guerra in Ucraina e sostenere l’economia colpita dalle sanzioni per diversi mesi. Secondo Anne Applebaum, “la prossima mossa russa e la più ovvia sarebbe di tagliare completamente le forniture di gas alla Germania. Spero che tutti siano preparati per questo e nessuno dirà di essere sorpreso”.

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