editoriali
Un pasticcio nucleare per l'Italia
Il governo dice di no a una centrale slovena e crea un cortocircuito istituzionale
L’Italia ha dato parere negativo al prolungamento delle attività della centrale nucleare slovena di Krško. Si tratta di un parere non vincolante reso nell’ambito della valutazione di impatto ambientale transfrontaliera, che coinvolge i paesi confinanti. Si potrebbe liquidare la faccenda come una mera manifestazione di “virtue signalling” se non ci fossero di mezzo due problemi molto seri. Il ministero della Transizione ecologica sta chiedendo a Lubiana di far cessare nel 2023 la produzione di un impianto che soddisfa un terzo del fabbisogno sloveno e un quinto di quello croato. E’ inevitabile che, almeno nel breve termine, la minore produzione atomica in Slovenia metterebbe sotto pressione le altre fonti, andando direttamente o indirettamente ad alimentare la domanda di metano. Come si concilia questo con lo sforzo di diversificazione che tutta l’Europa sta mettendo in atto per sottrarsi al ricatto di Putin? Ma c’è un tema più pressante. Secondo il nostro Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) la centrale è operata “in conformità con gli standard internazionali”. Per l’Enea l’eventuale allungamento della vita del reattore “non comporterà aggravi di rischi in termini di impatto transfrontaliero”.
Il Mite, dunque, ha sconfessato le due massime autorità nazionali di sicurezza nucleare, aderendo alla tesi di Legambiente e Greenpeace. Il governo è libero di esprimere le posizioni che crede, e anche di rovesciare per motivi politici le valutazioni tecniche dei suoi stessi organi, ma come può pretendere che gli italiani diano ascolto alle prescrizioni dell’Isin e dell’Enea che vengono così bellamente ignorate su un tema tanto delicato? Se il Mite non si fida dell’Isin e dell’Enea deve trarne le dovute conseguenze chiedendo le dimissioni dei vertici. Se invece conferma – come speriamo – la fiducia nelle professionalità di tali soggetti e delle persone che li guidano, allora forse deve delle spiegazioni all’Italia, prima e più che alla Slovenia.
sindacati a palazzo chigi