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la strategia

È difficile ma non impossibile sanzionare gas e petrolio russo. L'idea di un cartello di acquirenti

Giorgio Arfaras

Piuttosto che interrompere l'acquisto del greggio, che ne farebbe salire il prezzo, meglio provare a comprarlo a tariffe più basse: sarebbe uno strumento di pressione più efficace nei confronti del Cremlino

Esaurite le sanzioni finanziarie verso la Russia, come il congelamento delle riserve della Banca centrale, come le banche che non partecipano al sistema informativo internazionale, come il congelamento dei beni detenuti all’estero dai pretoriani, ed esaurite anche quelle reali, come le esportazioni di tecnologia e il ritiro delle imprese occidentali, si sta passando a quelle energetiche, come il blocco parziale o totale delle importazioni di materie prime. Per quanto sia molto difficile mettere in opera delle sanzioni efficaci nei confronti delle materie prime come il gas e il petrolio, tuttavia è possibile riuscirci. Di seguito analizziamo il petrolio.

 

Le sanzioni energetiche hanno un costo per tutti, il punto è come distribuirle. Le sanzioni vanno, infatti, progettate per mettere in difficoltà la Russia più di quanto non danneggino i paesi occidentali. L’Europa acquista la metà delle esportazioni russe di petrolio greggio e di prodotti raffinati. Queste esportazioni, tassate dal Cremlino, ammontano a circa un quarto delle entrate dello stato. Se gli europei tagliassero gli acquisti di petrolio russo metterebbero in difficoltà la spesa pubblica, perché a quel punto il Cremlino, perso un quarto del gettito, o taglia la spesa e/o alza le imposte, oppure emette obbligazioni e/o stampa moneta. Tutte operazioni difficili da portare avanti sul piano politico, persino da una autocrazia.

La sanzione sul petrolio condotta con il taglio degli acquisti di petrolio sembra efficace, perché la Russia si troverebbe in grande difficoltà. Ma  non è così semplice. Il gettito fiscale russo derivante dal petrolio non è, infatti, solo una funzione della quantità di barili venduti, ma lo è anche del prezzo. Gli Stati Uniti e l’Europa possono fermare del tutto o in parte l’acquisto del petrolio russo, ma non possono fissare il prezzo internazionale del petrolio. Se si fermasse l’acquisto occidentale del petrolio russo, e se il petrolio offerto a livello mondiale non compensasse il taglio degli acquisti del petrolio russo, ciò che pare non possa avvenire come confermano le ultime dichiarazioni saudite, il prezzo del petrolio salirebbe. E salirebbe così tanto da ledere le economie occidentali senza peraltro mettere in grande difficoltà le entrate petrolifere russe. Si avrebbe, infatti, da parte russa, un prezzo maggiore per una quantità minore.

La maggior parte delle esportazioni di petrolio della Russia al fuori dell’Europa arriva via nave. Possono perciò essere vendute ovunque, ma la maggior parte delle esportazioni russe via nave passa dagli spedizionieri e assicuratori europei. Le sanzioni potrebbero bloccare le esportazioni russe fermando le imprese europee che esportano il petrolio russo. A quel punto si avrebbe una caduta ulteriore delle esportazioni russe e quindi una maggiore domanda di petrolio dagli altri produttori. E quindi, di nuovo, vista l’offerta abbastanza rigida, un prezzo maggiore.

La caduta delle esportazioni russe sia verso l’Europa sia verso il resto del mondo per il blocco del trasporto navale sarebbe significativa, ma, nonostante l’entità, avrebbe un impatto gestibile su bilancio del Cremlino grazie all’ascesa dei prezzi. L’ascesa dei prezzi potrebbe essere poi moltiplicata da un cambio del rublo lasciato libero di fluttuare e quindi di svalutarsi. Ciò avverrebbe dopo la prima fase, quella in cui, dopo l’inizio della guerra, bloccando gli scambi, il rublo è stato spinto a rivalutarsi per mostrare (artificialmente ) la forza dell’economia russa. Si avrebbero così, con la svalutazione, molti più rubli a favore del Cremlino per ogni dollaro o euro incassati a fronte di un numero di barili venduti di molto inferiore.

 

Dunque che fare? Visti gli altri percorsi poco efficaci, si ragiona sull’opzione di limitare il prezzo del petrolio russo per ridurre le entrate della Russia. Ciò avverrebbe con un “cartello” di acquirenti internazionale: dell’Europa, del Nord America, del Giappone, della Corea, e dell’emisfero australe, che blocca il prezzo del petrolio russo a un certo livello, così da tagliare le entrate del Cremlino. Come? Il cartello annuncerebbe un prezzo massimo per l’acquisto del petrolio russo. Un prezzo però maggiore del costo marginale di estrazione russo. I russi potrebbero continuare così a estrarre, senza mettere in difficoltà il futuro della loro industria petrolifera. I russi non potrebbero però frenare la produzione di petrolio a  prezzi bassi stipandola nei magazzini, perché questa è troppa. Dunque alla fine sarebbero costretti a vendere il petrolio come quantità ma guadagnando molto meno per effetto del prezzo congelato. E la sanzione a quel punto, tagliando in misura significativa le entrate del Cremlino, diverrebbe efficace.

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