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Ecco come funziona l'economia di guerra di Putin

Giorgio Arfaras

Mosca può espandere la spesa pubblica senza troppi problemi e mantenere così il consenso dei russi che hanno un tenore di vita che dipende molto dallo stato. Ma non ha le risorse per una guerra prolungata

L’arma prescelta dai paesi liberali contro l’aggressione russa dell’Ucraina sono le sanzioni, che peggioreranno il tasso di crescita della Russia che, dall’occupazione della Crimea in poi, è stato inferiore a tutte le stime fatte sulla base delle dinamiche precedenti l’annessione. Perché mai la crescita economica russa da qualche anno è stata sistematicamente inferiore alle attese? Le sanzioni legate alla Crimea non spiegano che una piccola parte di questo andamento. Molto altro è in gioco. Un fattore dibattuto è la concentrazione della economia russa nei settori industriali “pesanti”; un altro fattore dibattuto è l’incertezza del diritto e dei regimi di proprietà; mentre è poco dibattuto l’inasprimento della politica fiscale che c’è stato.

Il bilancio dello stato russo è passato nel giro di pochi anni da un disavanzo del tre e mezzo per cento a un avanzo del tre per cento del pil  – un’escursione non certo modesta. In Russia convivono da molti anni sia la ricerca di una sovranità politica e militare di sapore imperiale sia l’immersione nell’economia mondiale. Con l’immersione attuata peraltro in modalità ortodossa, ossia con una politica economica centrata sull’austerità fiscale e sul cambio del rublo, libero di fluttuare. Ma se così è stato, non è detto che così sarà dopo l’aggressione all’Ucraina. In Russia potrebbero, infatti, mettere in atto, come contraltare alle sanzioni, un’economia che possiamo immaginare somigliante a quelle che sono definite “di guerra”.

La Russia ha un debito pubblico modesto e un bilancio dello stato in avanzo. Il rublo poi non è una valuta di riserva né di pagamento, e quindi non ha vincoli di stabilità globali da onorare. La Russia può quindi espandere la spesa pubblica senza problemi particolari. Ed espanderla non attraverso l’emissione di obbligazioni, come vorrebbe l’ortodossia, ma con l’emissione di moneta. Una politica economica lasca potrebbe così contribuire a frenare l’impatto politico delle sanzioni. Per impatto politico va qui inteso quanto di negativo le sanzioni generano sul tenore di vita della popolazione nel suo complesso, che è altra cosa dalle sanzioni attuate contro gli oligarchi e la nomenclatura, quelle che portano al congelamento dei loro beni stipati all’estero.

Il tenore di vita della popolazione russo dipende in misura non modesta dalla spesa pubblica. Il 40 per cento della popolazione ha un tenore di vita legato alla spesa pubblica, l’aiuto della spesa pubblica sul reddito delle famiglie pesa per il quaranta per cento del loro reddito, il peso dell’aiuto alle famiglie è, infine, il 50 per cento del bilancio dello stato. Il reddito trasferito dallo stato alle famiglie è essenzialmente spesa per pensioni e, in misura molto minore, spesa per gli stipendi degli statali (I numeri sono tratti da  “Russian budget consolidation may face obstacles in 2022”, di Dmitry Dolgin, Ing, 2021).

L’espansione del bilancio pubblico, che avrebbe la finalità di acquisire il consenso della maggioranza della popolazione, potrebbe avvenire con una maggiore offerta di moneta. Secondo l’opinione espressa già un paio di anni fa  dai ricercatori della Banca centrale e dal ministero dello Sviluppo economico, la crescita dell’inflazione che si avrebbe con questa maggiore offerta di moneta, volta a finanziare la maggiore spesa pubblica che si avrebbe senza alzare le imposte, quindi spesa in deficit, sarebbe gestibile (la fonte è “Chartbook #91” di Alan Tooze, 2022). Questo dibattito avveniva un paio di anni fa. La Russia di oggi che, come effetto delle sanzioni, è messa fuori dei circuiti finanziari internazionali può seguire delle politiche economiche non ortodosse, perché non deve più, se vuole essere finanziata dall’estero, conformarsi alle regole internazionali, come sono per esempio i giudizi delle società di rating.

Qual è oggi il margine di manovra effettivo della Russia? E’ davvero in grado di controbilanciare le sanzioni con politiche fiscali espansive finanziate in modo non ortodosso? L’economia russa resta fragile sul fronte dell’offerta per quanto significativo possa essere l’intervento di politica economica sul fronte della domanda. L’economia russa dipende, infatti, dalle esportazioni di materie prime non rinnovabili con le quali ottiene la valuta che finanzia le importazioni di tecnologia. Le importazioni di materie prime non rinnovabili russe possono essere ridotte in misura significativa. Non subito nel campo del gas, più velocemente nel campo del petrolio. Le esportazioni in campo tecnologico possono essere, come sono state, bloccate. Senza queste ultime gli aerei russi non volano e le automobili non possono essere prodotte.

Quanto fin qui esposto è un ragionamento macroeconomico che non tiene conto delle dinamiche della guerra che possono portare all’esaurimento delle risorse economiche. La Russia non ha, infatti, le risorse per una guerra prolungata. In questo assomiglia alla Germania, che ha tentato in entrambe le Guerre mondiali di vincere nel minor tempo possibile, inventando il Blitzkrieg. Alla lunga, avendo vinto solo in modo parziale, nella prima guerra solo a oriente, nella seconda guerra solo a occidente, è stata subissata dalla minor disponibilità di risorse sia materiali sia finanziarie. Più la resistenza ucraina dura, più la Russia consumerà le risorse alimentari, belliche, e finanziarie, come le risorse valutarie da usare per le importazioni, volte ad alimentare il suo esercito. Le può consumare senza grandi timori solo contando di vincere in fretta, ossia prima dell’esaurimento completo della sua potenzialità bellica. Le risorse belliche in questo caso sono quelle tradizionali, non quelle atomiche.

In questo modo avremmo una somiglianza fra la guerra in corso e quanto avvenuto nel passato. La Germania non aveva, infatti, le risorse militari, alimentari, e di materie prime che aveva la Gran Bretagna grazie ai dominion e all’alleanza con gli Stati Uniti. La Russia, allo stesso modo, non ha le risorse che possono essere mobilitate oggi dai paesi occidentali. Questa evidente ed enorme disparità di risorse fra i paesi occidentali e la Russia può spingere i paesi che hanno dei regimi autocratici a voler ridurre, per preservarsi, l’apertura verso l’estero, a fermare, insomma, e in qualche misura, la globalizzazione.

La disparità di risorse va vista anche come sbilanciamento fra i paesi che hanno il controllo del settore finanziario – i regimi liberali, e i paesi che sono sbilanciati verso il settore finanziario altrui – i regimi illiberali. I paesi illiberali, come la Cina, hanno una parte cospicua delle riserve della banca centrale investite all’estero; i paesi illiberali, come la Russia e le monarchie del Golfo, hanno una parte cospicua delle riserve della Banca centrale investite all’estero, e hanno una parte cospicua della ricchezza privata stipata all’estero. I paesi illiberali se volessero, per avere dei gradi maggiori di libertà, ridurre la dipendenza dal settore finanziario dei paesi liberali, dove mai potrebbero stipare le molte ricchezze accumulate? Come si vede, esiste un vantaggio di natura finanziaria dei paesi liberali che molto difficilmente potrà essere, se non eliminato, almeno ridotto.

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