Christine Lagarde, presidente della Bce (Ansa) 

Lo spread ha due problemi. Uno si chiama Lagarde

Mariarosaria Marchesano

Due anni dopo la gaffe pre-pandemica, la numero uno della Banca centrale europea spaventa i mercati. Superati i 160 punti base

Ora che il tandem Mattarella-Draghi è stato confermato alla guida dell’Italia, perché lo spread continua a salire? Oggi ha superato i 160 punti base, livello che non si vedeva dalla fine del 2019, se si trascura una breve fiammata a luglio 2020 in coda alla prima ondata pandemica. Negli ultimi anni gli italiani si sono abituati a vedere il differenziale tra i rendimenti dei btp e i bund tedeschi divaricarsi in modo allarmante in seguito alle uscite antieuropeiste di alcune forze politiche o di fronte a prospettive di ingovernabilità del paese. Cioè, per un rischio politico. In realtà, quello che si sta innalzando adesso è l’altro spread, o meglio, è il vero spread, parametro che risente principalmente delle decisioni di politica monetaria della Banca centrale europea.

 

Ebbene, dall’ultima riunione della Bce (3 febbraio) un po’ tutti gli spread dei paesi periferici dell’Unione sono finiti sotto pressione ma è l’Italia in testa ai rialzi. Lo stupore manifestato a caldo da alcuni operatori e banche d’affari per il cambio di tono della presidente Christine Lagarde rispetto al mese di dicembre, quando i mercati venivano da lei rassicurati sul fatto che i tassi non sarebbero stati toccati prima del 2023 e che la fine del Pepp (il Programma di acquisti pandemico) sarebbe stata gestita con la gradualità necessaria, si è trasformato in una parola d’ordine: vendere. A distanza di cinque giorni da quella riunione, miliardi di btp sono stati scaricati dai portafogli con l’indice di volatilità del settore che è triplicato rispetto a un mese fa. “C’è stato un sell off di bond governativi italiani che ha cominciato a contagiare anche le obbligazioni corporate, gli investitori stanno riducendo l’esposizione nei confronti del nostri paese pur avendo fiducia nella sua capacità di ripresa economica e pur ritenendo che non esista attualmente un rischio legato al quadro politico”, dice al Foglio, Fabio Castaldi, investment manager del colosso finanziario svizzero Pictet.

 

Quello che è successo potrebbe avere una spiegazione paradossale, che Castaldi sintetizza così: “Mattarella-Draghi, cioè la combinazione più positiva immaginabile per gli investitori sul rischio Italia, ha consentito alla Bce di spingersi su un terreno da falco, fiduciosa su un effetto contenuto per gli spread. Invece, sta avvenendo l’esatto contrario: il rischio di un possibile mistake o di una comunicazione delle intenzioni della Bce affrettata e troppo aggressiva sembra ben plausibile, tanto che ritengo che possa venir corretta e chiarificata in tempi brevi”. La giravolta di Christine Lagarde ha, dunque, fatto girare la testa ai mercati forse in maniera meno brutale rispetto alla famosa gaffe di marzo 2020, quando disse che non era compito della Bce “comprimere” gli spread, affermazione che quel giorno fece crollare le borse europee e per questo fu subito ammorbidita, ma altrettanto pericolosa perché adesso sarà dura convincere gli investitori che non c’è stato un cambio di rotta improvviso nella politica monetaria che può danneggiare i paesi indebitati come Spagna, Grecia, Italia e Portogallo.

 

“Il picco dell’inflazione al 5,1 per cento registrato a gennaio nella zona euro è stata la molla che sembra aver spinto la Bce ad assumere un tono più aggressivo, anche se questo è avvenuto non nella comunicazione ufficiale seguita alla riunione di politica monetaria della mattina quanto nelle dichiarazioni rese alla stampa dalla presidente Lagarde – ricorda l’esperto – Enfatizzare unanime e forte preoccupazione da parte del board dei rischi connessi all’aumento dell’inflazione è stato interpretato dai mercati come un cambiamento di rotta nella politica monetaria”. Ma perché sarebbe sbagliato se la Bce prendesse atto della corsa dell’inflazione più di quanto non lo abbia fatto fino ad oggi? “Non è sbagliato di per sé ma la Federal Reserve ci ha impiegato sei mesi per far capire ai mercati che si va verso una fase di rialzo dei tassi, giustificata, peraltro, dall’aumento importante dei salari che in Europa non si vede. Insomma, quello che voglio dire è che un livello d’inflazione al 5,1 per cento, che per stessa ammissione della Bce è spinto in buona parte da problemi di approvvigionamento energetico che si presentano come transitori, non sembra dover giustificare un cambio delle attese di lungo periodo. Per quanto riguarda l’Italia, la situazione non è paragonabile alle tensioni sullo spread che ci sono stati in alcuni periodi passati, però i modelli di rischio che guidano le decisioni degli investitori costringono molti operatori a ridurre l’esposizione ai btp in un contesto di volatilità fortemente incrementata”.

 

Tralasciando l’opportunità di questa svolta della Bce, che ad alcuni fa temere un ‘momento Trichet’, cioè un aumento precoce dei tassi che potrebbe soffocare una ripresa ancora poco solida, in che modo tutto questo potrebbe avere un impatto per l’Italia? Il paracadute del Pepp (il programma di acquisto per l'emergenza pandemica, ndr) su cui il paese ha potuto contare negli ultimi due anni sta per chiudersi in una fase, come dice Castaldi, in cui la Bce non ha chiarito se e in che modo sarà controbilanciato dall’App, che è il programma di acquisti ordinario, e in cui non è ancora possibile vedere gli effetti positivi del Pnrr sull’economia e sulla crescita della produttività che in Italia è indietro da decenni. Ecco perché gli investitori pretendono un premio più alto per comprare i btp e lo spread sta salendo, seppure lentamente. Con anche l’instabilità politica potrebbe volare.
 

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