I dati del Mef smontano le fake news di Cgil e Uil sulla "manovra regressiva"

Luciano Capone

Riforma dell'Irpef e Assegno unico. Uno studio del Dipartimento delle finanze mostra che le due riforme hanno aumentato la capacità redistributiva del sistema fiscale

Ora probabilmente non interessa più come qualche settimana fa, ma prima del toto Quirinale il tema che monopolizzava la discussione pubblica era l’impatto redistributivo della legge di Bilancio. Contro la politica economica “regressiva” del governo Draghi, definito un “Robin Hood al contrario” (Bombardieri dixit), i sindacati Cgil e Uil hanno anche indetto uno sciopero generale. In realtà, come mostrano i dati del Mef, l’impatto complessivo della manovra è di tipo progressivo. 

Come peraltro scrivevamo oltre un mese fa, l’insieme degli interventi della legge di Bilancio aumenterà l’impatto redistributivo del sistema fiscale. I dati più puntuali li sta fornendo il ministero guidato da Daniele Franco, che ha pubblicato sul suo sito due focus, uno sulla riforma dell’Irpef e l’altro sull’Assegno unico universale per i figli. Sulla riforma fiscale, per cui sono stati impiegati di 7 miliardi, c’è da dire che la redistribuzione non era il principale obiettivo. Il Parlamento, con un documento d’indirizzo votato praticamente all’unanimità, aveva chiesto al governoaveva chiesto al governo due cose: la riduzione dell’aliquota media effettiva per la fascia di reddito tra 28 e 55 mila euro, che non aveva beneficiato dei precedenti interventi fiscali rivolti prevalentemente ai redditi più bassi; e la modifica delle aliquote marginali effettive, che presentavano delle brusche e inefficienti discontinuità causate proprio dai precedenti interventi (come il bonus 80 euro di Renzi).

 

L’obiettivo della riforma era pertanto quello di razionalizzare l’Irpef, riducendola per i redditi medi. Considerando questo mandato, la valutazione del Mef mostra che l’effetto redistributivo della riforma segue una specie di M: il beneficio sale con un picco del +2% del reddito disponibile a 15 mila euro di reddito, poi scende fino a 28 mila euro, risale fino a un altro picco del +2% a 40 mila euro e infine riscende per i redditi più elevati. I benefici maggiori sono quindi per i redditi medio bassi (13-19 mila euro) e medio-alti (37-55 mila euro). Per i redditi bassi (sotto 10 mila euro) il beneficio è inevitabilmente più contenuto perché praticamente non pagano tasse e quindi è impossibile ridurle.

Ma per queste fasce di reddito un beneficio importante arriva dall’Assegno unico per i figli, una razionalizzazione della miriade di strumenti di sostegno alle famiglie su cui sono stati stanziati 6 miliardi aggiuntivi (una somma quasi pari a quella per la riforma fiscale). A differenza dei vecchi strumenti, come ad esempio l’assegno familiare e le detrazioni, l’Assegno unico include nuclei familiari che prima erano esclusi, come gli autonomi e gli incapienti (quindi i più poveri). E inoltre, sebbene si tratti di uno strumento universalistico, usa l’Isee come criterio per modulare il sussidio in base alla situazione reddituale e patrimoniale delle famiglie (e quindi in maniera progressiva). Secondo i dati pubblicati dal Mef, il beneficio massimo dell’Assegno unico si registra sotto i 10 mila euro di reddito familiare (una fascia non raggiunta dai precedenti strumenti) e decresce all’aumentare del reddito. “E’ questa caratteristica dell’Assegno unico a determinarne il carattere fortemente progressivo e redistributivo”, recita il documento.

 

Il dato peraltro è coerente con una precedente microsimulazione dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb). Ma qual è l’effetto combinato delle due misure? In un articolo sul Sole 24 ore Pietro Rizza e Alessandro Santoro, due consiglieri economici del Mef, hanno scritto che “l’indice di Reynolds-Smolensky, che confronta la diseguaglianza nella distribuzione del reddito disponibile prima e dopo i due interventi e fornisce una misura della redistribuzione attuata dal sistema fiscale, aumenta in queste stime di oltre l’8%”. I dati si riferiscono a uno studio del Dipartimento delle finanze non ancora pubblicato. C’è da dire che l’impatto redistributivo della legge di Bilancio è addirittura sottostimato, perché ci sarebbe anche il taglio di 0,8 punti di contributi (1,5 miliardi) per i redditi medio bassi fino a 35 mila euro, che evidentemente il Mef per correttezza non ha considerato visto che non si tratta di una misura strutturale ma finanziata solo per il 2022.

In ogni caso, la tesi di una manovra regressiva è smentita dai dati. Sul tema dovrebbe essere pubblicata a breve anche una valutazione indipendente dell’Upb. Sarà uno dei primi compiti dopo la travagliata nomina del nuovo consiglio composto da Lilia Cavallari, Giampaolo Arachi e Valeria De Bonis.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali