Il bluff di Landini sulla riforma fiscale "regressiva"

Luciano Capone

I sindacati scioperano contro la manovra perché sarebbe “regressiva”, ma la motivazione è tecnicamente falsa. L'impatto degli interventi fiscali del governo è progressivo, basta leggere i dati

Scioperare è un diritto sacrosanto e Cgil e Uil hanno sicuramente motivazioni che ritengono valide. Ma nella discussione sulla legge di Bilancio bisogna partire da un elemento di realtà. E se si sciopera contro la manovra perché è “regressiva”, allora la motivazione falsa. Perché è vero il contrario. La manipolazione parte dal confronto del risparmio fiscale in valore assoluto: ai redditi più bassi vanno 200 euro e ai più alti 250, la riforma è regressiva! Ma non funziona così.

La manovra è regressiva? Falso

Un’imposta è progressiva quanto più l’aliquota media aumenta all’aumentare del reddito. Pertanto la progressività di un intervento fiscale non va misurata in valore assoluto, ma in rapporto al reddito disponibile ovvero all’imposta pagata. E in questo caso i dati smentiscono la narrazione di Landini e Bombardieri. Sul punto sono utili i numeri pubblicati dal Sole 24 ore sull’impatto della riforma dell’Irpef, che include non solo la rimodulazione delle aliquote ridotte a quattro, ma anche la revisione delle detrazioni. Nella distribuzione delle risorse, il 36,6% del budget di 7 miliardi andrà alla fascia di reddito tra 7.500 e 200 mila euro; un altro 13% delle risorse andrà alla fascia di reddito tra 20 e 26 mila euro; un’altra fetta consistente andrà alla fascia tra 40 e 50 mila euro; mentre salendo fino in cima, ai redditi sopra i 75 mila euro arriverà un beneficio pari al 3,4% del totale (i famosi 250 milioni del fu “contributo di solidarietà"). Ma neppure questo dato ci dice molto, visto che nelle fasce di reddito più basse c’è un numero di contribuenti molto più elevato. Pertanto né il valore assoluto di sconto fiscale individuale né l’ammontare complessivo per fascia di reddito ci dice molto.

 

Il dato che conta, in queste circostanze, è a quanto ammonta la riduzione delle tasse in rapporto al reddito. E il Sole 24 ore, basandosi sui dati del Mef, mostra che in termini individuali il taglio dell’Irpef si aggira attorno al 24% per i redditi da lavoro dipendente tra 8 e 20 mila euro; un dato che per i redditi pari i 75 mila euro corrisponde allo 0,6% per scendere progressivamente all’aumentare del reddito. Vuol dire che un lavoratore con un reddito basso avrà uno sconto Irpef di un quarto, mentre uno benestante di un ventesimo. Al contrario del prelievo fiscale che deve crescere più che proporzionalmente all’aumentare del reddito, nel caso della riduzione delle tasse se il taglio è più intenso per i redditi bassi e diminuisce per i redditi elevati allora vuol dire che l’intervento è progressivo. Ed è questo il caso della riforma dell’Irpef.

 

Per giunta si tratta solo di un pezzo. Perché la progressività dell’intervento fiscale viene accentuata dalla decontribuzione (1,5 miliardi), un taglio dei contributi a carico dei lavoratori di 0,8 punti per i redditi fino a 35 mila euro. Naturalmente i 7 miliardi di taglio delle tasse non sono tutti redistribuiti in maniera pienamente progressiva, ci saranno in alcuni tratti delle disomogeneità. Ma questo è tutto sommato un aspetto positivo, visto che l’intervento del governo ha cercato di razionalizzare il sistema delle aliquote e delle detrazioni per avvicinare le aliquote medie alle aliquote marginali effettive, che nel corso degli anni erano diventate completamente incoerenti a causa della stratificazione di bonus che avevano degli effetti disincentivanti sull’offerta di lavoro. E questo è esattamente uno degli obiettivi della riforma fiscale approvata dal Parlamento.

La legge di Bilancio ha più interventi rivolti alle fasce più deboli

E d’altronde l’errore o la mistificazione da parte di chi parla di una manovra “regressiva” è anche quello di non considerare gli altri interventi nella legge di Bilancio rivolti alle fasce più base. Come il miliardo aggiuntivo per il Reddito di cittadinanza (qui l’errore grave del governo è stato non fare una riforma del sussidio per renderlo più progressivo ed efficiente, ma non pare che i sindacati protestino per questo). Oppure come i 6 miliardi aggiuntivi stanziati per l’Assegno unico per i figli, che verranno distribuiti secondo i criteri Isee e quindi andranno in maggior misura a favore delle famiglie più povere, ad esempio agli incapienti, ai disoccupati e agli autonomi che ora sono esclusi dall’Assegno familiare.

 

L’insieme di queste misure di detassazione e trasferimenti avviene senza ombra di dubbio secondo criteri di progressività, giusti o sbagliati che siano. Ovviamente la Cgil e la Uil hanno il pieno diritto di scioperare perché non è abbastanza, ma non perché la riforma fiscale è “regressiva”. Su questo bisogna essere chiari e onesti con i lavoratori. Anche perché, a ben vedere, l’atto che di certo avrà un effetto regressivo è proprio quello indetto dai sindacati: lo sciopero, che farà perdere dai 60 ai 100 euro ai lavoratori che aderiranno.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali