Perché Cgil e Uil non considerano l'Assegno unico?

Luciano Capone

L'Upb mostra come il nuovo Assegno per i figli razionalizza il sistema e beneficia soprattutto le famiglie più povere. E' una riforma progressiva, che vale quanto la riforma fiscale, eppure nel giudizio sulla manovra se n'è parlato meno del "contributo di solidarietà" 

Nei giorni precedenti e successivi allo sciopero generale indetto dai sindacati contro la manovra si è parlato molto della riforma fiscale, che secondo Cgil e Uil, sarebbe penalizzante per le fasce più povere. Ma nella valutazione della politica fiscale del governo è stata prestata pochissima attenzione all’introduzione dell’Assegno unico per i figli a carico, che pure prevede una spesa aggiuntiva (6 miliardi) quasi equivalente alle risorse messe per la riforma dell’Irpef. Un’analisi dell’impatto redistributivo dell’Assegno unico è stata fatta dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb). 

L’Assegno unico è prima di tutto un’importante riforma che razionalizza la miriade di strumenti di sostegno alle famiglie. Vengono infatti assorbiti le detrazioni Irpef per i figli a carico, l’assegno familiare, il premio alla nascita, l’assegno al terzo figlio e il bonus bebè. All’abrogazione delle vecchie misure, che coprono circa i due terzi del costo complessivo, vengono aggiunti altri 6 miliardi che portano le risorse complessive a oltre 18 miliardi. Con le risorse aggiuntive, oltre alla razionalizzazione, si perseguire un altro obiettivo: l’universalità. A differenza dei vecchi strumenti, come ad esempio l’assegno familiare e le detrazioni, l’Assegno unico include nuclei familiari che prima erano esclusi come gli autonomi e gli incapienti (quindi i più poveri). Ciò vuol dire che i destinatari del sostegno saranno tutte le famiglie con figli a carico, senza distinzione di categoria. L’altro elemento di novità rispetto all’attuale regime è che l’Assegno unico, sebbene sia universale, utilizza l’Isee come criterio per modulare il sussidio in base alla situazione reddituale e patrimoniale del nucleo familiare (e quindi in maniera progressiva).

In audizione alla Commissione Affari sociali della Camera, il consigliere dell’Upb Alberto Zanardi ha detto che dalla loro analisi l’Assegno unico è in generale “più generoso delle misure vigenti e lo è anche in corrispondenza di redditi familiari elevati visto che l’importo non si azzera in corrispondenza di redditi medio alti. Il beneficio è particolarmente rilevante per i figli minorenni con disabilità, mentre il guadagno è più limitato per i maggiorenni”. I benefici, per effetto di 6 miliardi aggiuntivi stanziati, ci sono per tutti. La misura riguarda 7,3 milioni di famiglie e 10,8 milioni di figli, con un beneficio medio per nucleo familiare di circa 1.000 euro annui. Questo in media. Nello specifico, i nuclei familiari avvantaggiati o indifferenti rispetto alla riforma saranno il 92 per cento (il 74% avrà un beneficio medio di 1.400 euro e il 18% non subirà variazioni significative), mentre l’8 per cento sarà penalizzato (-400 euro in media) sebbene ci siano delle clausole di salvaguardia. Questi sono i dati medi, ma qual è l’impatto redistributivo? Quali famiglie guadagnano di più e quali perdono di più?

 

Ebbene, l’Upb ha fatto una microsimulazione per misurare gli effetti redistributivi. Secondo le stime dell’organo di controllo sui conti pubblici l’impatto è progressivo, nel senso che i vantaggi vanno prevalentemente alle famiglie più povere e descrescono per quelle più benestanti. Circa il 25 per cento delle risorse aggiuntive è destinato al decile più povero della popolazione, mentre solo il 2 per cento andrà al più ricco. Il 95 per cento dei nuclei familiari del decile più povero riceverà un beneficio, che mediamente sarà di 1.350 euro per figlio, mentre nel decile più ricco solo il 22 per cento riceverà un beneficio che mediamente sarà di 500 euro per figlio. In mezzo c’è una gradazione che quindi segue un criterio di progressività. Siccome si tratta di un dato medio, va considerato che le famiglie che otterranno il beneficio maggiore saranno quelle attualmente escluse da qualsiasi misura di sostegno al reddito.

 

L’Assegno unico presenta alcune criticità. Una riguarda l’uso del criterio patrimoniale dell’Isee per regolare l’entità dell’assegno: con una franchigia bassa (25 mila euro), la sola proprietà della prima casa può essere molto penalizzante, soprattutto considerando la disomogeneità dell’attuale catasto (un altro motivo per andare avanti con la riforma). Ma sono possibili dei correttivi, ad esempio alzando la franchigia o estendendo la clausola di salvaguardia, che non costano neppure molto.

A prescindere dai piccoli correttivi, peraltro ancora possibili, si tratta di una riforma che cerca di affrontare un problema strutturale come la bassa natalità. E che fa per le famiglie povere molto di più del “contributo di solidarietà” temporaneo da 20 euro al mese sui ricchi. Singolare che, a proposito di progressività e redistribuzione, si sia parlato molto più di questo che dell’assegno unico.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali