Foto: Jonathan Bean

L'Italia è oro anche nell'economia. I primati che non si vedono

Marco Fortis

Il medagliere del nostro commercio mondiale non è meno scintillante di quello olimpico di Tokyo. Dati e numeri

Il 2021 sarà sicuramente ricordato non solo come l’anno del lento ritorno alla normalità delle nostre vite dopo la pandemia ma anche come l’anno della resurrezione dell’Italia dello sport. Non bastava la vittoria della Nazionale azzurra agli Europei di calcio nel tempio di Wembley illuminato magicamente di verde, bianco e rosso e la storica finale di Berrettini nell’altro sacro tempio sportivo di Wimbledon. Sono arrivati anche gli eccezionali risultati dei nostri colori alle Olimpiadi di Tokyo, tra cui spicca il record di medaglie d’oro vinte nella disciplina regina delle Olimpiadi, quella dell’atletica (ben cinque medaglie, record di sempre per l’Italia, dopo i tre ori di Mosca 1980 di Mennea, Simeoni e Damilano e i tre ori di Los Angeles 1984 di Cova, Andrei e Dorio): un risultato che ci pone oggi secondi nel medagliere dell’atletica dietro soltanto agli Stati Uniti (sette medaglie d’oro). Tutti questi successi sportivi del 2021 costituiscono un’infilata senza precedenti, che ha entusiasmato noi italiani e ha scioccato gli altri paesi che ci hanno ammirati in mondovisione e sui social, spesso rosicando.

 

E’ stata una fiammata impressionante, che è culminata nel giro di poche settimane, ma che è stata costruita nel tempo. Può avere stupito ma dietro ci sono gli anni di pazienti e faticosi allenamenti dei nostri atleti. Tutti ora parlano dell’Italia nel mondo e persino gli italiani più sfiduciati, demotivati e financo i nostri più inguaribili pessimisti di professione sembrano propensi ad ammettere che il nostro paese, grazie alle sue risorse e all’impegno, può primeggiare. D’altronde, l’Italia ha anche tanti altri primati di cui essere orgogliosi, benché forse emotivamente meno coinvolgenti di quelli nello sport: eccellenze talvolta poco visibili o perfino sottaciute. Alcuni di questi primati sono balzati alla ribalta proprio in queste settimane in contemporanea con i nostri successi agonistici, come il primo posto assoluto al mondo dell’Italia per numero di siti patrimonio dell’Unesco (59 contro i 56 della Cina): un elenco lunghissimo di monumenti, opere d’arte e siti archeologici e paesaggistici in cui è stata finalmente inserita anche la incomparabile Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto. Ci sono province italiane, come Roma, Siena, Udine e Verona che hanno ciascuna ben 4 siti Unesco, cioè più di intere nazioni. Poi ci sono i primati dell’Italia dell’ecologia, prima in Europa per riciclo di tanti materiali e rifiuti, ma anche prima per superficie coltivata ad agricoltura biologica e terza per minori emissioni di CO2 tra i paesi del G20. Nonché i primati del digitale, come la quota di nostre imprese che utilizzano la nuvola, tra le più alte in Europa.

 

Ma soprattutto esistono anche i nostri numerosi primati nell’economia, quelli forse meno noti, di cui si fa perfino fatica ammettere l’esistenza in un paese come l’Italia dove parlare male di se stessi è sempre stato di moda e dove l’arte del lamento e dell’autoflagellazione è una caratteristica distintiva dei media e delle élite. Eppure, se guardiamo alle previsioni di crescita economica di Haver Analytics per il 2022 riportate dal sito internet dell’Economist (lasciamo per il momento da parte il 2021, per il quale si potrebbe dire che c’è un effetto di rimbalzo…), ci accorgiamo che l’anno prossimo il pil dell’Italia sarà il quinto per crescita attesa tra i paesi del G20 e il secondo tra i paesi del G8 (con un solido più 4,4 per cento). Cioè figuriamo nei primi posti assoluti per tasso di sviluppo, più o meno come nel medagliere olimpico di Tokyo. Erano vent’anni che non si vedeva l’Italia così in alto nelle graduatorie di espansione dell’economia.

 

Ma non trascuriamo la nostra reattività anche nell’anno in corso. Infatti, nel primo semestre del 2021 la crescita acquisita del nostro pil è stata del 4,8 per cento, il miglior risultato finora in Ue. Ciò significa che in soli sei mesi abbiamo quasi centrato l’intera previsione di crescita annua della nostra economia, che il sito della rivista britannica indica in un più 5 per cento. Mancano dunque solo due decimali per arrivarci. Ma si tratta di previsioni sicuramente destinate ad essere ritoccate verso l’alto. Probabilmente finiremo il 2021 tra il più 5,5 per cento e il più 6 per cento di aumento del prodotto interno lordo. Per differenziale tra crescita acquisita e previsioni attese per il 2021 siamo praticamente davanti a tutti i maggiori paesi Ocse di cui si hanno ad oggi dati disponibili: infatti, per centrare le previsioni di crescita del 2021 di Haver Analytics alla Corea del Sud mancano ancora 4 decimali percentuali, alla Francia 7 decimali, agli Stati Uniti 1,1 punti percentuali, alla Spagna 1,7 punti, alla Germania addirittura 2,3 punti.

 

Dopo il Covid-19 si poteva pensare che la nostra economia avrebbe faticato a riprendersi. Non è stato così. Anche perché i sorprendenti risultati di crescita del pil stimati per quest’anno e previsti per l’anno prossimo non sono casuali ma vengono da lontano, proprio come i risultati del nostro sport. Infatti, intorno alla metà dello scorso decennio sono state attuate riforme e iniziative di politica economica che hanno notevolmente rafforzato la nostra competitività e produttività, soprattutto nell’industria manifatturiera, tra cui il piano Industria 4.0.

 

Per chi capisce un minimo di economia basti sottolineare, fatto poco noto, che gli investimenti fissi lordi nell’industria manifatturiera sono aumentati nel quadriennio 2015-18 del 6,2 per cento medio annuo in Italia, con una punta record del più 8 per cento in Veneto, locomotiva del nostro nord-est (più 7,5 per cento) assieme all’Emilia Romagna (più 6,6 per cento): tassi di crescita cinesi! Nessuno degli altri maggiori paesi industrializzati dell’Ocse può vantare una simile performance recente degli investimenti manifatturieri, né la Germania (più 4,8 per cento medio annuo), né il Giappone (più 3,7 per cento), né la Francia (più 2,8 per cento), né gli Stati Uniti (più 1,7 per cento).

 

Siamo entrati nel Covid-19 con l’economia strutturalmente molto rafforzata ed ammodernata nel settore privato e ora non deve sorprendere se stiamo uscendo dalla pandemia con più slancio di tutti. D’altra parte, la produttività e la competitività del made in Italy erano esplose negli ultimi anni. Infatti, siamo stati il primo paese del G7 per aumento della produttività manifatturiera nel quadriennio 2015-18. E soprattutto la nostra bilancia commerciale con l’estero ha fatto balzi in avanti giganteschi nell’ultimo decennio, con un miglioramento di oltre 120 miliardi di dollari. Infatti, nel commercio internazionale soltanto nel 2010 eravamo quattordicesimi tra i paesi del G20 con una bilancia negativa per 40 miliardi di dollari. Nel 2020 siamo saliti al quarto posto con un surplus commerciale di 73 miliardi, diventati 83 miliardi negli ultimi dodici mesi terminanti a maggio 2021. Ci precedono soltanto Cina, Germania e Russia (quest’ultima esclusivamente grazie ai combustibili fossili).

 

Il medagliere del nostro commercio mondiale non è meno scintillante di quello olimpico di Tokyo. Su circa 5.500 prodotti in cui si possono statisticamente suddividere gli scambi internazionali, l’Italia si è aggiudicata ben 249 medaglie d’oro in altrettanti prodotti per migliore bilancia commerciale al mondo nel 2019 (con un surplus con l’estero equivalente a 66 miliardi di dollari). Le nostre medaglie d’argento sono state 372 (per altri 67 miliardi) e quelle di bronzo 355 (per 51 miliardi). Se consideriamo i primi cinque posti, l’Italia è sul tetto del mondo per bilancia commerciale in ben 1.538 prodotti.

 

Chi sono i nostri Jacobs, Tortu, Desalu, Patta, Tamberi, Stano e Palmisano dell’economia e in che specialità trionfano? Le nostre medaglie d’oro più scintillanti per migliore bilancia commerciale a livello mondiale sono quelle delle borse in pelle, delle piastrelle ceramiche hi-tech, delle macchine per imballaggio, degli occhiali da sole, degli yacht a motore, delle paste alimentari, delle calzature completamente in pelle e cuoio, delle creme a base di cioccolato.

 

Ma abbiamo anche medaglie d’argento pesantissime per valore del surplus commerciale come nei casi di vini e spumanti, della rubinetteria e valvolame, delle parti di mobili, dei lavori in ferro, acciaio e alluminio, delle macchine per imbottigliare, del caffè torrefatto, mentre tra i bronzi più rappresentativi troviamo la gioielleria, gli ingranaggi e le pompe per aria, i mobili per sedersi con intelaiatura in legno e i mobili per cucine, le parti di turboreattori, propulsori e apparecchi meccanici, i prodotti in materie plastiche, le calzature in pelle con suola in gomma.

 

Non dimentichiamo, poi, l’interminabile serie di medaglie a livello mondiale ed europeo della nostra agricoltura, in particolare nel settore degli ortaggi e della frutta. Siamo i primi produttori mondiali di carciofi e finocchi, di cime di rapa e di bergamotto. In Europa complessivamente vinciamo l’oro nella produzione di 17 tipi di frutta e ortaggi (tra cui pomodori da industria, melanzane, cicoria, indivie, albicocche, mele e pere per consumo fresco, uva da tavola e da vino, kiwi, nocciole), oltre che nel grano duro e nel riso. Vantiamo 20 medaglie d’argento in altrettanti prodotti vegetali (tra cui lattughe, sedano, spinaci, zucchine, pesche, nettarine, prugne, arance, limoni, angurie, olive) e 5 di bronzo (tra cui asparagi, ciliegie e fichi).

 

Nel turismo sbaragliamo letteralmente tutti i concorrenti nell’ambito del G20. Infatti, siamo la prima meta europea per pernottamenti di turisti provenienti da ben 9 paesi del G20 (Germania, Stati Uniti, Cina, Australia, Canada, Giappone, Corea del Sud, Turchia, Sud Africa), la seconda destinazione europea per altri due paesi (Francia e Brasile) e la terza per i russi.

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