Alberto Galassi, ad del Gruppo Ferretti (foto LaPresse)

Perché la quotazione di Ferretti può attendere

Alberto Brambilla

Il ritiro dell’Ipo della Ferrari dei mari e le difficoltà di spiegare il lusso al mercato

Il ritorno in Borsa del Gruppo Ferretti era stato annunciato tra le fanfare nei mesi scorsi ma, venerdì, la prima compagnia di nautica nazionale ha rinunciato alla quotazione. Il motivo è da ricercare in parte nelle condizioni dell’offerta, in parte nelle condizioni di mercato non così favorevoli per lo sbarco a Piazza Affari della Ferrari dei mari.

 

Il paragone con Ferrari non è casuale. Anzitutto visto il peso nell’azionariato di Piero Ferrari, l’erede del Drake Enzo Ferrari, attraverso F Investments. L’altro azionista di riferimento è Weichai Group, uno dei maggiori gruppi manifatturieri in Cina e uno dei maggiori investitori cinesi in Europa, che ha sostenuto il rilancio di Ferretti. Entrambi i soci in preparazione della quotazione, nel settembre di quest’anno, hanno confermato di sostenere l’operazione convertendo il finanziamento in capitale per un importo di circa 212 milioni di euro. F Investments e la tedesca Adtech Advanced Technologies AG si sono impegnati a investire 40 milioni di euro complessivi attraverso un aumento di capitale pre Ipo.

 

Cosa non ha funzionato? La fascia di prezzo indicativa era inizialmente compresa tra 2,50 e 3,70 euro per azione, corrispondente a un valore di mercato post aumento di capitale di 727 milioni di euro a 1,08 miliardi di euro, e poi è stata rivista al ribasso fra 2 e 2,5 euro. Una delle cause del ritiro dell’Ipo, secondo il Sole 24 Ore, è che l’investitore cinese, che controlla l’86 per cento del capitale, non fosse concorde con la valutazione delle banche che hanno preparato il collocamento, ovvero che la forchetta di prezzo finale non riflettesse il valore dell’azienda, le prospettive future e i risultati del management. Weichai infatti aveva suggerito come parte alta della forchetta 3,4 euro e non i 2,5 euro proposti per il collocamento.

 

Il team di Ferretti è guidato dall’amministratore delegato Alberto Galassi, che dal 2014 ha seguito il rilancio della società e l’espansione internazionale, rinnovando il modello di business (non più improntato alla vendita ai concessionari ma alla vendita diretta ai clienti con l’offerta di servizi ancillari) e la strategia commerciale aumentando la gamma di prodotti.

 

La difficoltà sta anche nel riuscire a dare un prezzo congruo a una società che è sì riferibile al segmento luxory ma che ha anche una decisiva componente manifatturiera. Nel 2003, a un decennio dalla quotazione, anche Ferrari era considerato un produttore di supercar artigianali e aveva in previsione investimenti credibili per arrivare sul mercato, come poi ha fatto. E’ possibile che ci vorrà lo stesso lasso di tempo perché Ferretti ritenti lo sbarco a Piazza Affari. L’Ipo infatti non era costretta e sarebbe servita a raccogliere capitali per aumentare gli investimenti produttivi. Benché il portafoglio ordini sia stato riempito prima del collocamento alla fine ha dunque prevalso la cautela della società nella convinzione che l’azienda potrà essere valutata meglio al prossimo tentativo.

 

Come spiega l’amministratore delegato del gruppo, Alberto Galassi, “il book per il collocamento è stato interamente chiuso, ma, dopo una consultazione, abbiamo preso la decisione di interrompere l’offerta. Le attuali condizioni dei mercati non ci permettono di valorizzare correttamente la società. La nostra priorità al momento è di chiudere il bilancio e mostrare ai mercati quanto valiamo, magari insieme a un nuovo socio già dal 2020”. Ferretti, aggiunge Galassi, procederà infatti a un “private placement” per far entrare “un investitore europeo” con il quale sta trattando, si parla del fondo di private equity Peninsula, e che potrebbe entrare nell’azionariato del gruppo con una quota intorno al 30 per cento del capitale. Tuttavia anche con un collocamento privato il nodo del prezzo si potrà ripresentare in ogni caso. Galassi sottolinea comunque il “grande sostegno che gli investitori italiani ci hanno dimostrato”, tra i principali Generali, Mediolanum, Fideuram, Kairos e Azimut oltre a Mediobanca che ha seguito l’operazione. Per adesso Ferretti si ferma al Piano B. La Ferrari dei mari dovrà dunque attendere per sbarcare a Piazza Affari. Il lusso artigiano dell’industria nautica italiana ha probabilmente bisogno di tempo per essere compreso.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.