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Trump colpisce Libra per difendere la moneta statale. Un déjà vu

Maurizio Sgroi

C’è stato un tempo, oltre un secolo fa, nel quale l’emissione di banconote non era statalizzata ma libera

Roma. In una delle sue intemerate diffuse via Twitter il presidente americano Donald Trump ha messo all’indice Libra, il progetto di valuta virtuale presentato da Facebook che dovrebbe vedere la luce l’anno prossimo e i cui meccanismi di funzionamento si conoscono solo per grandi linee. Ma questo per Trump è sufficiente. “Non sono un fan di bitcoin e altre criptovalute – ha scritto –, che non sono soldi e il cui valore è altamente volatile e basato sul nulla”. Dal suo punto di vista, “Libra avrà poco sostegno ed affidabilità”. Ma soprattutto “se Facebook e altre compagnie vogliono diventare una banca devono ottenere un’autorizzazione bancaria ed essere soggetti a tutte le regole, come le altre banche, sia nazionali che internazionali”. L’invettiva si giustifica con la convinzione che i “cripto asset non regolati possano facilitare comportamenti illegali”.

   

Le sparate di Trump spesso dicono più di quel che sembra. E in questo caso raccontano di un timore, evidentemente crescente, che i giganti del web possano arrivare a questionare il principio della moneta statale, emessa da una banca centrale indipendente dal Tesoro (questo probabilmente a Trump piace meno), ma che in qualche modo giochi insieme con i poteri statali, perché in fondo la moneta è un asset pubblico. Questa Weltanschauung è ampiamente condivisa a tutti i livelli. Nella sua ultima audizione al Congresso anche il presidente della Fed, Jerome Powell, non in corrispondenza di amorosi sensi con il presidente, ha espresso preoccupazione per Libra riferendo che se ne parlerà la prossima settimana tra i ministri delle Finanze e i banchieri centrali dei paesi del G7 in Francia. E Powell è solo l’ultimo ad avere espresso preoccupazione e lanciato allarmi.

  

D’altronde i timori su possibili usi distorti di questi strumenti sono fondati. Quando è stata presentata Libra, fra gli argomenti addotti a sostegno dell’iniziativa c’è stato quello che la moneta di Facebook, che dovrà essere acquistata utilizzando monete “reali”, favorirà l’accesso al sistema finanziario anche di chi oggi è ai margini del sistema economico, senza neanche un conto corrente. Rimane da capire in che modo un soggetto che non ha un conto corrente possa disporre un acquisto elettronico. In attesa di saperlo, possiamo solo ipotizzare che si utilizzi il credito telefonico, che si può ricaricare in contanti. E questo spiegherebbe perché nel consorzio di Libra, che sarà chiamato a gestire la moneta e l'infrastruttura come se fosse una banca centrale, si trovino soggetti come Vodafone e Iliad. In alternativa, si potrebbe disporre di carte di pagamento pre-caricate. Ma in un caso o nell’altro, sono evidenti i rischi che lo strumento favorisca attività illecite, in primis il riciclaggio di denaro. Ma se questo è il lato oscuro, sul quale le autorità fanno bene a vigilare, rimane aperta la questione: Libra e le sue cugine virtuali sono una minaccia per il sistema dei pagamenti internazionali?

  

C’è stato un tempo, oltre un secolo fa, nel quale l’emissione di banconote, e quindi di valuta, non era statalizzata ma libera. “The rationale of central banking and the free banking alternative”, pubblicato nel 1936 da Vera Smith, spiega perfettamente questa storia, che poi condusse al sistema che usiamo adesso, che ci sembra immutabile. Ma nulla lo è veramente. Le istituzioni evolvono coi tempi e gli incumbent tendono sempre ad alzare barriere. C’è da attendersi che lo stato ricordi, con tutta la rudezza di cui è capace, le sue prerogative. E questo spiega perché Trump dice che se i Big Tech vogliono fare una banca devono chiedere una licenza. Ma non è detto che la resistenza dei poteri pubblici basti a fermare l’innovazione. Ai tempi del free banking non c’era internet e non esistevano compagnie che avevano la potenza di fuoco globale di Facebook o di Alibaba. Oggi il free banking in versione 2.0 potrebbe condurre a esiti diversi dal passato. Stati e banche centrali lo hanno capito da tempo.

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