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Per fare una moneta virtuale c'è bisogno di fiducia, e Facebook non ne ha

Eugenio Cau

Dal premio Turing ad Algorand. Intervista a Silvio Micali

Milano. Con il progetto Libra, Facebook e i suoi partner intendono rivoluzionare il mondo della finanza, del credito, dei pagamenti, fare disruption delle Banche centrali (non parliamo delle banche tradizionali) e trasformare la propria moneta digitale in un sistema di pagamento universale, con miliardi di utilizzatori e infiniti dati che entrano nei server di Mark Zuckerberg. Ma fin da prima dell’annuncio del progetto, all’inizio di questa settimana, tutti gli osservatori hanno delineato un problema strutturale nei progetti monetari di Facebook, un problema che va oltre le questioni tecniche: la fiducia. Facebook è diventato il gran controllore dei rapporti personali e delle amicizie di 2,4 miliardi di persone nel mondo, e più e più volte nel corso della sua storia ha tradito la fiducia che queste persone gli hanno affidato: fughe di dati e di password, scandali, promesse di privacy e sicurezza mai mantenute. Quello che tutti si chiedono, adesso, è: con questa storia preoccupante, Facebook sarà in grado di conquistare la fiducia degli utenti e convincerli a fare di Mark Zuckerberg il controllore del loro portafogli? Per Silvio Micali la fiducia è una questione fondamentale. Nato a Palermo ma presto trasferitosi negli Stati Uniti, Micali è professore del Mit di Boston ed è uno dei più noti scienziati al mondo. Nel 2012 è stato il primo e unico italiano a vincere (assieme a Shafi Goldwasser) il premio Turing, il Nobel dell’informatica, per i suoi lavori sulla crittografia.

   

In uno dei suoi più famosi paper del 1984, scritto assieme a Goldwasser e definito dall’ente che attribuisce il premio Turing come “rivoluzionario” e come “uno dei lavori più influenti della storia delle scienze informatiche”, Micali si poneva la domanda: “Che cos’è un segreto?”. “Ci sono diverse gradazioni di segreto”, dice Micali al Foglio, al margine di un evento organizzato dalla startup blockchain Iconium. “Per esempio, se invio un messaggio a te il mio obiettivo è fare in modo che un possibile intercettatore non comprenda il mio messaggio. Ma cosa significa proteggere un messaggio? Proteggere il testo parola per parola? Proteggere il significato del testo? Ma quale significato? Proteggere un segreto può significare un’infinità di proposizioni, e la nostra sfida fu questa: trovare un crittogramma capace di dimostrare matematicamente che per qualunque tipo di informazione parziale sul messaggio questa poteva essere occultata. Sia le informazioni parziali di cui sono a conoscenza adesso sia le informazioni parziali che potrebbero emergere nel futuro: un segreto universale”. Insomma, fin dall’inizio della sua carriera Micali ha lavorato per trovare la segretezza assoluta, e questo è quasi diametralmente il contrario del progetto di vita di Mark Zuckerberg. Gli studi di Micali, che sono stati fondamentali per la creazione dell’architettura di internet, l’hanno portato a interessarsi di criptovalute. Nel 2017 Micali ha fondato Algorand, una blockchain di nuova generazione che, guarda caso, fa qualcosa di molto simile a quello che vorrebbe fare Libra: usare la tecnologia blockchain per creare un nuovo metodo digitale di scambio di valore, ma con una differenza fondamentale. Micali ha studiato decenni per creare una blockchain che fosse al tempo stesso sicura, scalabile (significa che milioni e milioni di persone la possono utilizzare) e decentralizzata. La decentralizzazione è importante, perché ogni transazione all’interno della rete è autorizzata da infiniti controllori, che rendono l’operazione sicura. La blockchain di Facebook, invece, è centralizzata. Significa che i controllori di ogni transazione sono un gruppo ben noto di amici di Mark Zuckerberg, i membri della fondazione Libra, cioè alcune aziende che hanno pagato 10 milioni di dollari ciascuna per entrare a far parte del club. Facebook sostiene di voler disintermediare e democratizzare le istituzioni finanziarie tradizionali mediante Libra. In realtà vuole soltanto sostituirle con se stesso. Questo è un passaggio fondamentale, che mostra il cuore del progetto di Facebook: non è democrazia, non è disruption, non è un passo avanti nel sistema finanziario. “Alcuni vogliono essere sudditi di qualche impero, altri preferiscono essere cittadini di una repubblica”, dice Micali.

  

Algorand questa settimana ha concluso una raccolta di fondi (token sale) per 60 milioni di dollari. E’ una cifra enorme per questo genere di operazioni, ma per Facebook sono briciole. E’ chiaro che a oggi, nel mondo della blockchain, non esiste un vero concorrente alla potenza di fuoco di Facebook. Ma questa è una storia che abbiamo già visto nel mondo dei social network: c’erano alternative possibili, prima che il grande egemone se le mangiasse via.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.