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Sui rifiuti servono impianti, non slogan

Enrico Cicchetti

“Entro due anni le discariche saranno sature in tutta Italia”, spiega Fise Assoambiente. Criticità e strategie: un report

 

“Servono impianti di riciclo, recupero e smaltimento, non slogan”. Il nuovo report di Fise Assoambiente è chiaro nell'individuare le criticità della gestione rifiuti in Italia e nel proporre una strategia di medio-lungo termine. Soluzioni a cui è indispensabile mettere mano, e presto, anche perché “entro due anni le discariche saranno sature in tutto il paese”.

  

L'Unione europea ha individuato nella cosiddetta economia circolare e nel potenziamento delle attività di riciclo la strada per una crescita sostenibile e per rispondere alla sempre più scarsa disponibilità di materie prime. Per rendere effettivo e completo questo modello, però, bisogna “chiudere il cerchio” della gestione rifiuti: aumentare riciclo e recupero energetico per minimizzare l’uso delle discariche. Secondo gli ultimi dati Ispra, in Italia nel 2016 abbiamo prodotto 135 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e nel 2017 circa 30 milioni di rifiuti urbani. Dei primi ricicliamo il 65 per cento (92 milioni di tonnellate) e dei secondi il 47 per cento (15 milioni di tonnellate). Per realizzare i benefici ambientali ed economici sottesi alla circular economy è necessario ripensare con un approccio pragmatico e programmatico alla gestione dei rifiuti, spiega Chicco testa, il presidente di Fise Assoambiente, l'associazione che rappresenta le imprese che gestiscono i servizi ambientali: “Fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti con capacità e dimensioni adeguate alla domanda”. Per farsi un'idea bastano un paio di cifre: l'Italia esporta circa 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e 0,4 di rifiuti urbani. E il fenomeno è in crescita. Un'assurdità che ci costa ogni anno di più e ci penalizza a livello di sistema paese. “In Italia – aggiunge Testa – servono impianti di recupero (di materia e di energia) capaci non solo di sostenere il flusso crescente in particolare delle raccolte differenziate di rifiuti, ma anche di sopportare fasi di crisi dei mercati esteri. Servono discariche, capaci di gestire i rifiuti residuali quali gli scarti generati dal processo di riciclo e quelli che non possono essere avviati a recupero o a trattamenti”.

   

  

Un piano che richiede investimenti: 10 miliardi di euro, secondo l'associazione delle imprese. Una spesa notevole. Ma il settore, secondo la Commissione europea, potrebbe aumentare l'occupazione nei 28 stati membri di almeno 650.000 posti di lavoro. Se gli obiettivi di Bruxelles sono ambiziosi, l'Italia ha però difficoltà specifiche: il quadro normativo è complicato e incerto nella sua applicazione, il settore sottodimensionato e reso fragile dalla carenza di investimenti. E poi c'è il clima ostile dell'opinione pubblica verso qualsiasi tipo di intervento e la realizzazione di impianti di trattamento, anche quelli di riciclo. Procedure, tempi, certezza e uniformità dei controlli variano a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Ma, in media, per realizzare gli impianti sono necessari dai 3 ai 5 anni, il doppio se si aggiungono gli annosi contenziosi al Tar, spesso avviati dai comitati locali. “Non disporre di questo quadro infrastrutturale è un problema serio per un paese e una responsabilità delle rappresentanze pubbliche preposte”, conclude Fise Assoambiente. Difficile dargli torto: basta ricordare la rissa gialloverde di novembre sui termovalorizzatori, già scomparsa dai riflettori e dai dibattiti in Aula.

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