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Una tassa per svuotare le culle

Redazione

Salvini lamenta la denatalità, ma la sua flat tax è un incentivo a non procreare

“Il vero spread è quello delle culle vuote” ripete Matteo Salvini. Difficile dargli torto. Ma ecco la ricetta: “Flat tax a misura di famiglia del 15 per cento per i redditi cumulati fino a 50 mila euro”. A parte l’insostenibilità della misura, tra i 12 (secondo la Lega) e i 60 (secondo il Tesoro) miliardi l’anno, come funzionerebbe? Sommando i redditi “di papà e mamma” e, se non superano i 50 mila euro lordi, prelevandone per l’Irpef appunto il 15 per cento, cioè 7.500 euro. I coniugi dovrebbero rinunciare alle attuali detrazioni, compresi gli 80 euro del bonus Renzi per produrre reddito utile anche a riempire le culle, le spese mediche, il mutuo e le ristrutturazioni, nonché i benefici per combattere la denatalità come il bonus bebè e gli asili nido.

 

Al di là di questo, secondo l’ufficio studi del Consiglio nazionale dei commercialisti la flat tax salviniana sarebbe appetibile per due tipi di contribuenti: dipendenti single e nuclei con un solo reddito. Non il massimo per fare figli. Se in famiglia entrambi i genitori lavorano dovrebbero stare attenti a non superare la soglia di flat tax: uno stipendio lordo da 25 mila euro e uno da 24 mila (totale 49 mila) farebbero scattare l’allarme. Al papà o alla mamma converrebbe rinunciare a miglioramenti retributivi, promozioni, premi di produttività, scatti. A ciò che premia il merito e la parità tra uomo e donna, e serve anche a mettere al mondo e tirare su figli.

 

L’ufficio studi dei commercialisti segnala un altro rischio, studiato in Svezia negli anni 50 quando venne introdotta la tassazione sui redditi familiari; banalmente appena visto all’opera in Italia per ottenere il reddito di cittadinanza: le separazioni e i divorzi a scopo fiscale per creare due fittizie famiglie monoreddito. Il vero incentivo alla natalità sarebbe l’introduzione del quoziente familiare come in Francia, nel quale i redditi di matrimoni e unioni civili si sommano, si dividono (ogni figlio vale, a seconda dei casi, una o mezza parte) mantenendo una deduzione d’imponibile del 10 per cento. La Francia ha un tasso di natalità di 1,9 per genitore, rispetto all’1,3 dell’Italia. Ma non parlate di Francia a Salvini. E neppure chiedete all’idolo del Family day come riempire le culle. Potrebbe svuotarle.

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