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Il rischio di nuovi dazi americani innervosisce i mercati europei

Mariarosaria Marchesano

Trump minaccia tariffe da 11 miliardi su prodotti europei, tra i quali anche gli italiani Pecorino e Prosecco. Oggi consiglio dei ministri sul Def mentre Bankitalia calcola 11 miliardi di debito pubblico in più in tre anni

Milano. Ha ragione chi sostiene che le tensioni commerciali sono il principale fattore d'incertezza globale del 2019. Non tanto perché il negoziato tra Usa e Cina è ancora lontano da un accordo, ma perché la minaccia di imporre nuove dazi è diventata un'arma che il presidente americano Donald Trump utilizza tutte le volte che sente il bisogno di difendere il mercato interno. Questa volta tocca all'Europa, colpevole, secondo Trump, di sostenere con aiuti economici la produzione di Airbus, che sono i diretti concorrenti degli aerei Boeing realizzati in America. Così il rappresentante Usa al commercio, ha annunciato la possibilità di nuove tariffe su 11 miliardi di prodotti europei: elicotteri, diversi tipi di formaggi, vino, olio di oliva e alcuni marchi di motociclette. Dalle prime notizie, ma si attende la lista completa dei prodotti, potrebbero essere colpiti anche prodotti tipici italiani molto esportati negli Stati Uniti, come Pecorino e Prosecco. 

    

La dichiarazione del portavoce della Casa Bianca farebbe riferimento alle affermazioni della Wto secondo cui gli aiuti ad Airbus hanno causato ripetutamente un impatto negativo nei confronti degli Usa. Di fronte a queste nuove minacce i mercati stanno reagendo con un certo nervosismo anche se non si sono fatti prendere dal panico in attesa di capire meglio la situazione. A parte la Borsa di Francoforte, che ha aperto fiacca soprattutto a causa del tonfo di Henkel, il produttore di agenti chimici e detersivi, gli indici degli altri listini europei oscillano tra il segno più e meno in cerca di una direzione, anche se non è esclusa la possibilità di un peggioramento una volta che avranno realizzato i potenziali danni dell'offensiva commerciale d'Oltreoceano (Pazza Affari è poco sopra la parità dopo le prime ore di negoziazioni).

   

In Italia, intanto, il tema centrale è sempre il debito pubblico nel giorno in cui si riunisce il consiglio dei ministri per la definizione del Def. Intanto, la Banca d'Italia ha aggiornato, aumentandole, le stime degli ultimi tre anni in occasione della trasmissione alla Commissione europea dei dati per il calcolo dei disavanzi. Così, al 31 dicembre 2018 il debito risulta essere 2322 miliardi pari al 132,2 per cento del pil e nel 2017 risulta 2269 (131,4 per cento del pil). Questo vuol dire che, rispetto ai dati diffusi a marzo scorso, sono stati calcolati 5,3 miliardi in più per il 2018 e 5,3 miliardi in aggiunta per il 2017. Più ridotto l'aggravio del 2016: 0,8 miliardi in più. Complessivamente, il ritocco di Banca d'Italia è di 11 miliardi per tre anni ed è dovuto essenzialmente all'allargamento del perimetro di calcolo delle amministrazioni pubbliche fatto dall'Istat su richiesta del'Eurostat. Parallelamente, c'è stata anche una revisione del pil per il biennio 2017-2018 che ha dato luogo a una lievissima riduzione del livello dell'indebitamento netto il quale, in termini di rapporto con il Pil, è rimasto invariato rispetto alle stime precedenti: 2,4 per cento nel 2017 e 2,1 per cento nel 2018.

    

Banca d'Italia ha comunicato anche i nuovi dati sui prestiti a famiglie e imprese: nel mese di febbraio risultano in crescita i primi e in diminuzione i secondi, mentre si registra un aumento del 2,8 per cento dei depositi privati a fronte di una riduzione della raccolta di obbligazioni. Le sofferenze bancarie, infine, si sono ridotte di oltre il 30 per cento

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