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Precipita Airbus e le grandi euro-fusioni non stanno troppo bene

Ugo Bertone

Fuori produzione l’A380 simbolo dell’unità industriale europea e i big continentali sono fermati da Antitrust e veti politici

Milano. Sulla fusoliera dell’aereo più ambizioso e costoso della storia sventola la bandiera bianca: l’A380, il gigante che, secondo le previsioni iniziali di Airbus, avrebbe dovuto raccogliere 1.400 prenotazioni di acquisto, uscirà di produzione nel 2021, dopo meno di 15 anni dall’uscita del primo esemplare. Per il giubilo dei mercati azionari esplosi in rialzo di quasi cinque punti percentuali per celebrare la fine di un incubo finanziari. Per la delusione degli eurottimisti che vedono sfumare un’altra sfida europea, la più ambiziosa di sempre sul fronte dell’industria, alla leadership americana. Perché l’avventura dell’A380 era nata con una missione specifica: mandare in pensione il Boeing 747, incontrastato padrone sulle lunghe tratte. Ma è andata male. Anzi, al danno si aggiunge la beffa della festa per i 50 anni del primo volo del gigante a stelle e strisce che ha portato utili colossali all’azienda di Seattle. Al contrario di Airbus che non ha mai realizzato un euro di utili accumulando deficit da far tremare Parigi e Berlino, cioè i soci principali di un’impresa da cui (per nostra fortuna) l’Italia è stata lasciata fuori: 20 miliardi di euro buttati al vento. Tanta roba per soli 232 apparecchi in servizio, sopravvissuti alla ritirata delle compagnie, da Singapore Airlines fino a Emirates che ha dato il colpo di grazia cancellando l’ordine di 39 apparecchi, forse i più belli e più lussuosi mai concepiti ma anche i meno fortunati, costretti ad esordire nel bel mezzo della crisi di Lehman Brothers, dopo aver accumulato una cospicua catena di ritardi ed inconvenienti per lo più legati alle incomprensioni ed alla rivalità tra gli ingegneri francesi di Tolosa e quelli tedeschi di Amburgo.

 

A dare il colpo di grazia alle residue speranze dell’aereo, destinato a raggiungere nel cimitero degli elefanti bianchi il Concorde, è stata infine la defezione del terzo partner, la Rolls Royce, che non ha preso nemmeno in considerazione l’idea di progettare un nuovo motore, meno potente ma meno dispendioso: non è tempo di alleanze a lungo termine per l’industria britannica con gli europei. Il tramonto dell’A380, che non recherà grossi danni al gruppo franco-tedesco (i clienti del Golfo hanno scelto altri aerei della casa respingendo le avance di Boeing) assume così il sapore di una dolorosa sconfitta per l’industria europea, o quantomeno per la prospettiva della creazione di quei campioni europei cui tanto si parla ma che, nei fatti, non hanno troppi estimatori.

 


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Il flop del gruppo paneuropeo (oltre a francesi e tedeschi figurano il Regno Unito e la Spagna) è arrivato poco più di una settimana dopo la bocciatura da parte dell’Antitrust Ue della società che avrebbe dovuto radunare le attività ferroviarie di Siemens e di Alstom e così creare un gruppo in grado di sviluppare una massa critica da contrapporre a i giganti asiatici. Però Margrethe Vestager, la commissaria danese alla Concorrenza ha annullato i piani: la fusione, secondo la combattiva deputata della sinistra radicale, “avrebbe danneggiato la concorrenza nei mercati dei sistemi di segnalamento ferroviario e dei treni ad altissima velocità”. “Una decisione sbagliata – è insorto Marco Bentivogli, segretario generale della Fim- Cisl – e di una stagione di Europa da superare figlia di un modello e di una stagione d’Europa da superare; la fusione Alstom/Siemens avrebbe costruito un campione europeo del settore ferroviario, capace di misurarsi con la competizione internazionale, in modo particolare con i colossi cinesi”. Al proposito, qualcosa finalmente si muove. Proprio ieri il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione ai nuovi poteri di controllo delle acquisizioni cinesi nell’Unione, come chiesto da vari paesi (Italia compresa). Ma tra gli europei, al solito, non mancano le contraddizioni. La Francia, per esempio, ha chiesto l’intervento dell’Antitrust Ue per verificare la regolarità dell’acquisto di Stx da parte i Fincantieri. Ma l’Antitrust francese si è espresso nel frattempo a favore dell’operazione.

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