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Così sale l'ansia delle banche dopo un anno orribile in Borsa

Mariarosaria Marchesano

Nuovo crollo dei titoli bancari (meno 28 per cento in un anno) per l’incertezza sui nuovi prestiti Bce e future emissioni di bond

Milano. Non c’è pace per le banche italiane neanche dopo che la Bce ha rassicurato i mercati con una nuova immissione di liquidità nel sistema finanziario. Ieri il calo, superiore alle attese, dell’indice Pmi dell’Eurozona ha aggravato le preoccupazioni del settore nel giorno in cui la banca d’affari Credit Suisse ha pubblicato un report con giudizi severi su un gran numero di istituti sottolineando il rischio di un deterioramento della qualità dell’attivo e dicendo di preferire le banche spagnole, alla luce delle migliori prospettive economiche e politiche e di bilanci più puliti sul fronte dei crediti non performing. A Piazza Affari si è scatenata un’ondata di vendite con cali che hanno superato il 4 per cento, nel caso di Unicredit, Ubi Banca e Banco Bpm, e di quasi il 3 per cento per Intesa Sanpaolo. Una batosta ulteriore a un anno dalla dalle elezioni dalle quali è nato il governo di coalizione Lega-M5s, periodo durante il quale il settore bancario ha perso oltre il 28 per cento del suo valore sul listino milanese, circa una decina di punti in più della media europea.

   

Come dice al Foglio Marco Valli, economista di Unicredit, “il contesto di indebolimento congiunturale rende più evidente agli occhi del mercato la possibilità che la Banca centrale europea lasci invariati i tassi d’interesse (ai minimi storici) anche nel 2020. E questo peggiora le prospettive di profittabilità del settore, anche se una politica monetaria accomodante da parte della Bce resta una buona notizia per le Borse in generale”. In pratica, con i tassi Bce perennemente a zero o negativi, le banche del vecchio continente rischiano di peggiorare la loro capacità di generare utili aggravando il divario che negli ultimi dieci anni si è creato con le concorrenti americane (dal 2007, per esempio, Jp Morgan Chase ha raddoppiato la propria valorizzazione e capitalizza più delle prime dieci banche europee messe insieme). Le difficoltà aumentano nella situazione italiana in cui il settore si misura con altri due problemi: un’economia che, più che rallentare, è ormai in recessione e il maggior costo del capitale dovuto allo spread sovrano che, sebbene sia diminuito negli ultimi mesi, resta il più alto dell’Eurozona a circa 245 punti base. E, tra l’altro, non passerà molto tempo prima che i meccanismi di trasmissione ribaltino sull'economia reale parte di questi maggiori costi in termini di aggravi di prezzo per famiglie e imprese che chiedono a prestito i soldi.

   

I primi segnali si sono già visti a inizio 2019 ma gli effetti saranno più evidenti nella restante parte dell’anno. Eppure quest’impatto, dovuto essenzialmente alla situazione d’incertezza politica dell’Italia, dovrebbe essere compensato dalla maggiore liquidità in arrivo con il terzo round dei finanziamenti agevolati (i Tltro). Ma le condizioni dei nuovi prestiti (l’Italia è stata fino ad oggi il paese che ha maggiormente beneficiato dell’ultima emissione con 240 miliardi su 740 complessivi) non sono state ancora chiarite e questo ha contribuito a generare incertezza. “La Bce vorrebbe avviare un percorso di normalizzazione della politica di liquidità e il mercato si aspetta condizioni meno favorevoli rispetto al passato– dice Marco Valli – Nel complesso sappiamo che si tratterà di sette operazioni con scadenza biennale che avverranno ogni trimestre a partire da settembre di quest’anno e fino a marzo del 2021. Il punto più controverso riguarda il tasso dei nuovi finanziamenti, che sembra destinato a essere meno favorevole. E’ possibile, inoltre, che la Bce attenderà anche fino a giugno prima di fornire i dettagli volendo ulteriormente verificare i dati congiunturali”. Tutto dipenderà, quindi, da come si evolverà a breve l'economia dell’Eurozona. Nel frattempo, il nervosismo delle banche sembra destinato a continuare.

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