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L'ultima offensiva di Trump contro l'Opec

Gabriele Moccia

Il prezzo del petrolio in risalita preoccupa la Casa Bianca. E ora il dipartimento di Giustizia può indagare Venezuela e Iran per manipolazione del mercato petrolifero

 

Roma. Il presidente americano Trump è pronto all’ultima offensiva contro l’Opec, il cartello dei paesi produttori di petrolio. L’ennesimo capitolo del confronto che ormai due anni fa, a partire dal suo insediamento alla Casa Bianca, il presidente Usa ha ingaggiato contro il cartello di Vienna. Nel corso della scorsa settimana il petrolio Wti ha raggiunto i 57,22 dollari al barile, prima di chiudere in calo, venerdì, a 55,80 dollari al barile. Al rialzo di mercoledì al Nymex – di 1,44 dollari, pari al 2,6 per cento – ha risposto su Twitter il presidente Trump, dicendo che "i prezzi del petrolio sono troppo alti". Mano mano che ci si avvicina al pericoloso limite dei 60 dollari al barile la Casa Bianca diventa sempre più nervosa, colpa anche degli ultimi dati sulle scorte di petrolio negli Stati Uniti, che sono diminuite di 8,647 milioni di barili a 445,865 milioni di unità, mentre esperti e analisti attendevano un rialzo di 2,4 milioni di unità. Gli americani puntano il dito principalmente sulla posizione dell’Arabia Saudita, accusata di voler spingere per un aumento dei prezzi repentino per rafforzare il proprio quadro industriale. 

  

Ma la vera novità riguarda il dibattito interno americano. Finora Donald Trump aveva guidato la sua battaglia per la energy dominance in maniera quasi isolata, mentre ora, all’interno del dibattito politico americano, è emerso un consenso bipartisan per assumere misure legislative capaci di danneggiare la posizione del cartello Opec. Qualche giorno fa la Commissione giustizia del Congresso americano ha infatti approvato una legge che consente al Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti di indagare i membri dell’Opec per manipolazione del mercato petrolifero. L’iniziativa – subito ribattezzata Nopec bill dalla stampa – non ha precedenti nella storia degli Stati Uniti e potrebbe rimuovere l’immunità applicata ai componenti del cartello esponendoli alla normativa Antitrust. La legge, passata anche con i voti dei democratici, nasce soprattutto per colpire i funzionari Opec venezuelani vicini all’ex presidente Maduro. L'amministrazione americana ha accusato Manuel Quevedo, presidente della compagnia petrolifera statale Petro'leos de Venezuela SA (Pdvsa), di far parte di un meccanismo di corruzione gestito dallo stato che ha sottratto miliardi di dollari dalle casse del Venezuela per guadagno personale. Quevedo, che è anche ministro del Petrolio venezuelano e membro del gabinetto del presidente Nicolas Maduro, ha recentemente iniziato un mandato di un anno come capo dell’Opec che utilizza un sistema di rotazione. 

    

Secondo gli analisti di Standard Charter, l’effetto annuncio del tweet di Trump sarebbe stato ancora più efficace se avesse esplicitamente citato il Nopec Bill, questo perché il mercato si aspetta che la legge possa servire da cavallo di Troia per scardinare ulteriormente gli accordi del Cartello per il taglio della produzione petrolifera (l’accordo Opec Plus) e per il rialzo dei prezzi. Proprio di recente, i produttori dell'Opec Plus hanno completato il primo mese di tagli dopo la decisione del 7 dicembre scorso di eliminare dal mercato 1,2 milioni di barili al giorno. Secondo un'analisi di Bloomberg i risultati non sono per niente entusiasmanti: solo 10 dei 21 paesi hanno tagliato la produzione, in linea con gli accordi della fine dello scorso anno. A gennaio l'aderenza all'intesa dell'Opec si è attestata all’86 per cento mentre quella dei produttori non Opec solo al 25 per cento. Secondo fonti diplomatiche, la misura viene poi vista dalla Casa Bianca anche come strumento di ingaggio della mossa europea lanciata a supporto del regime dell’Iran, con il veicolo per il commercio Instex, voluto da alcune cancellerie europee. Trump potrebbe facilmente orientare il Nopec bill per colpire ulteriormente non solo i funzionari iraniani di stanza a Vienna ma anche qualsiasi funzionario di un altro paese membro del Cartello accusato di collaborare con loro.

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