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Se vogliamo salvare l'Italia non si può più essere indulgenti con questo governo

Paolo Cirino Pomicino

L’espressione “la manovra del popolo” è tipica di un imbroglione che battezza con nomi altisonanti l’imbroglio che sta propinando

Al direttore - Il governo della rima baciata (volevamo il 2,4, ottenuto il 2,04) ha mostrato sino in fondo la sua inadeguatezza e pericolosità dopo mille buffonate e tantissimi strafalcioni. L’espressione “la manovra del popolo” peraltro è la tipica espressione di un imbroglione che battezza con nomi altisonanti l’imbroglio che sta propinando. A Napoli si riconoscono al suono della voce e dai congiuntivi sbagliati detti con sicumera e nascondendo l’accento dialettale. Il format però è nazionale e spesso lo si sente nelle televendite più accorate. E l’imbroglio è sotto gli occhi di tutti. L’Italia finalmente riprenderà a crescere disse Di Maio e infatti l’economia si è fermata. Dopo aver sbandierato contro i pareri di tutti una crescita dell’1,5 per cento per il 2019, oggi si parla della crescita dell’1 per cento per tutti e tre i prossimi anni, ben sapendo che per il 2019 se si arriverà allo 0,5-0,6 sarà grasso che cola. E siccome la politica è una cosa seria, in mano agli imbroglioni i falsi si vedono subito. Gli investimenti pubblici aggiuntivi che dovevano corrispondere a 9 miliardi di euro (cifra già incoerente con la crescita ipotizzata) si sono ridotti di due terzi.

 

La crescita è fatta dalle imprese e dal sistema finanziario a esse collegate e allora invece della riduzione della pressione fiscale (oggi limitata a 5-600 mila partite Iva perché le altre 900 mila già godono dei minimi) si aumentano le tasse sull’intero comparto produttivo per circa nove miliardi nel prossimo biennio. Ma, secondo l’autore della manovra del popolo, banche e assicurazioni dopo gli aumenti fiscali lasceranno intatti i tassi e i premi assicurativi o le trasferiranno su famiglie e imprese? La crescita rilancerà l’occupazione, diceva l’imbroglione e infatti la crescita langue e il governo aggiunge il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego per un anno, e così la disoccupazione già oggi a poco meno del 11 per cento si aggraverà. Ma dopo crescita e occupazione, ecco la stangata sul mondo del volontariato, quel terzo settore che va in soccorso della povertà e dei bisogni del popolo e che si è visto raddoppiare la tassazione passata dal 12 al 24 per cento come qualunque impresa che fa profitti. Saranno Di Maio e il suo staff a sostituire quel mondo di persone per bene che danno agli altri il proprio tempo e il proprio danaro pur di alleviare sofferenze spesso malinconiche e molte volte atroci? Ed è questa la manovra del popolo o è l’imbroglio di chi toscaneggia sbagliando i congiuntivi e diffonde nel paese incertezza e miseria? Ma andiamo avanti.

 

Per dare il reddito di cittadinanza si tolgono in tre anni 2 miliardi e passa ai pensionati, bloccandone la indicizzazione e quindi diminuendo il potere di acquisto di chi prende mille o tremila euro netti al mese secondo una l’idea malsana di un egualitarismo per cui tutti dobbiamo essere più eguali nella povertà piuttosto che far crescere i redditi di chi ha poco. Se il paese ha davvero bisogno di uno sforzo generale per raddrizzare i conti pubblici, la crescita e l’occupazione, perché si chiede un contributo solo ai pensionati di ogni fascia mentre la ricchezza nazionale forte di 4.200 miliardi di azioni, obbligazioni e contanti restano fuori dal circolo della solidarietà? Noi siamo fortemente contrari a una patrimoniale perché strumento recessivo, ma se si chiede un contributo ai pensionati si può chiedere mille euro l’anno a chi dichiara di guadagnare oltre centomila euro, avendo così un gettito di quasi due miliardi (80 euro al mese per chi guadagna 100 mila euro e 240 euro mensili a chi guadagna 300 mila euro l’anno). La storia però ci insegna che le manovre del popolo chiedono al popolo i soldi per darli ai disoccupati senza offrire loro lavoro e lasciano intonsa la ricchezza.

 

Le inique “manovre del popolo”

Da ultimo, lo scempio della democrazia parlamentare portata avanti da un governo di incapaci pericolosi ha messo in evidenza anche l’inadeguatezza dei presidenti delle Camere, che in altri tempi avrebbero bloccato i lavori d’Aula senza costringere i parlamentari a discutere per oltre un mese di una legge di Bilancio talmente finta che tutti ne erano a conoscenza.

Crescita inesistente, disoccupazione crescente, impoverimento generale, democrazia parlamentare a rischio. Con questo scenario, per non essere complici non si dovrà essere indulgenti con nessuno se vogliamo davvero invertire la marcia pericolosa di questo governo e salvare il paese da un disastro prevedibile.