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Così il governo gialloverde ignora la grande gelata dell'industria

Alberto Brambilla

Italia e Germania potrebbero avere una recessione tecnica, ma la nostra situazione è peggiore

Roma. Il calo della produzione industriale a novembre in molti paesi è un altro segno che l’economia globale sta iniziando a indebolirsi. Benché le cifre siano volatili, è conclamata la debolezza nel settore industriale europeo in particolare. A novembre il calo mensile della produzione industriale è stato dell’1,9 per cento in Germania seguito da altri dati deboli in Francia (meno 1,3 per cento), in Spagna (meno 1,5 per cento) e in Italia (meno 1,6 per cento). Intanto la produzione arretra anche in Giappone (meno 1,1) e nel Regno Unito (meno 0,4). “Sembra quindi – dicono gli analisti del centro studi Capital Economics – che una crescita globale più debole stia colpendo i settori manifatturieri orientati alle esportazioni di vari paesi. Benché i volumi del commercio globale siano stati ragionevolmente buoni, altri indicatori del commercio si sono indeboliti.

 

Sebbene ciò possa in parte riflettere gli effetti diretti della guerra commerciale [tra Stati Uniti e Cina], il fattore più importante è il generale rallentamento dell’economia globale, inclusa una crescita più debole in Cina”, dicono una nota di ieri del centro studi inglese. Il contesto è quello di un rallentamento generalizzato a ogni latitudine come evidenziato nell’ultimo rapporto della Banca mondiale. Ed è particolarmente negativo per l’Eurozona. Per la zona euro la crescita del pil potrà fermarsi allo 0,2 per cento nel quarto trimestre 2018 con la frenata di produzione industriale, dei consumi e del settore edilizio.

 

Non a caso la Banca centrale europea nell’ultima riunione di fine anno ha parlato di una situazione “piegata verso il rallentamento” mentre ha però contestualmente confermato la fine del programma di acquisto di titoli pubblici, il Quantitative easing, lasciando comunque aperta la possibilità di un nuovo round di finanziamenti agevolati alle banche, con il settore italiano sotto choc dopo il commissariamento di banca Carige da parte della vigilanza di Francoforte e il piano di ristrutturazione di Mps, controllata dal Tesoro, che procede molto a rilento.

 

Il governatore della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau, ha fatto capire che il sentimento è virato verso il pessimismo. Mentre, in precedenza, l’altro membro francese del consiglio direttivo Bce, Benoît Coure, aveva suggerito di “essere molto vigili” per i rischi di una nuova crisi finanziaria. I dati diffusi nella prima metà di gennaio suggeriscono che l’Italia e la Germania potrebbero sperimentare una recessione tecnica, ovvero due trimestri consecutivi di crescita negativa. Tuttavia la situazione tedesca è molto diversa da quella italiana e migliore.

 

Il calo della produzione industriale tedesca è generato, in parte, dalla normativa sul blocco degli acquisti di auto diesel che frenano un settore che impiega 800 mila persone condizionando i fornitori a monte. Per l’Italia il calo della produzione industriale (meno 2,6 per cento a novembre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) – il più marcato dopo una tendenza all’aumento, tra alti e bassi, durata dal 2014 – è trasversale a diversi settori e colpisce i produttori di beni intermedi: tessile (meno 1), metallurgia (meno 2,3), mezzi di trasporto (meno 4,3), prodotti chimici (meno 4,5), apparecchi elettrici (meno 5,1), industria del legno e cartiera (meno 10,1).

 

L’indice di diffusione della produzione elaborato da Prometeia, una società di consulenza, oscilla poco sopra il 50 per cento, vuol dire che metà dei settori industriali aumentano mentre l’altra metà calano l’attività. A novembre l’indice era arrivato al 30 per cento. “La Germania arriva da una situazione di pieno impiego, l’Italia invece di rallentamento – dice Stefania Tomasini, responsabile modelli economia italiana di Prometeia – La caduta del pil italiano nel terzo trimestre (meno 0,1 per cento) si è avuta in corrispondenza all’incertezza, riflessa nell’aumento dello spread, che ha bloccato gli investimenti delle imprese e i consumi. Si è interrotta la fase di recupero delle immatricolazioni auto e le famiglie hanno visto ridursi il valore di mercato degli investimenti finanziari in azioni e obbligazioni per via della caduta dei corsi azionari”. Banca d’Italia stimava un impatto sulla ricchezza finanziaria delle famiglie di 60 miliardi di euro da giugno fino a novembre.

 

Per queste ragioni Prometeia stima una crescita del pil dello 0,5 per cento quest’anno, ma “i rischi che possa essere più bassa sono elevati”, dice Tomasini. Il governo gialloverde prevede una crescita dell’1 per cento nel 2019 con una manovra che aumenta la spesa corrente e sostanzialmente non prevede investimenti quindi non sarà anti ciclica. Benché alcuni esponenti governativi, come il ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, avvertano del rischio recessione pare che tale percezione non sia diffusa, anzi. Il vicepremier Luigi Di Maio pensa sia “possibile un nuovo boom economico”, ha detto ieri. E’ già smentito dai fatti.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.