Milano, la sede di banca Carige in corso Europa (foto LaPresse)

Perché parlare di nazionalizzare Carige è un rischio

Redazione

Diluvio di parole dannose. L’abracadabra della nazionalizzazione dell'istituto ligure è un altro conflitto che ci isola

Nazionalizzazione” è diventata per il governo gialloverde una formula magica, una parola che esaurisce il suo significato in se stessa, un abracadabra che non vuol dire nulla. “Sono d’accordo con la nazionalizzazione, in passato si sono messi soldi nelle banche per aiutare qualche privato, che a basso costo si è portato via i sacrifici di decenni di risparmi”, ha ripetuto ieri il vicepremier Matteo Salvini a Radio 24 dopo che la truppa leghista e il suo omologo Luigi Di Maio avevano detto la stessa cosa a proposito di banca Carige. L’ipotesi di un ingresso dello stato nella banca ligure, commissariata dalla Banca centrale europea una settimana fa, è prevista dal decreto predisposto dal governo per evitare il rischio di una fuga di depositi dall’istituto, ma stiamo parlando di una “ipotesi residuale”, come l’ha definita la banca stessa in un comunicato. Ed è, in fondo, una eventualità che la Bce tende a evitare, preferendo la vendita della banca a un altro istituto con una operazione di mercato.

 

Indiscrezioni parlano di Unicredit, magari se potesse rilevare Carige a poco prezzo dopo un intervento pubblico (s’intende). Altri rumor parlano di altre banche. Poco importa, in questa fase. Ripetendo l’abracadabra della nazionalizzazione, il governo non soltanto parla di qualcosa che al momento non esiste, se non come ipotesi futuribile, ma anzi si mette in contrasto con i piani della Bce e dell’istituto stesso che, appunto, convergono verso una vendita per creare un’entità di maggiori dimensioni. Fino a pochi giorni fa l’esecutivo era rimasto silente sul destino della banca, e meglio sarebbe stato se non avesse indugiato in una simile campagna.

 

Il risultato plausibile di un discorso pubblico in cui lo stato bussa continuamente alla porta di Carige è quello di isolare l’Italia in Europa, anche su questo fronte. Il piano di risanamento va in direzione opposta all’intervento statale e non c’è modo migliore per aprire un altro conflitto con le istituzioni europee dopo quello sulla legge di Bilancio. Parlare di popolo che si riappropria della banca non è “solo slogan” come ha detto Giuseppe Guzzetti. È un rischio.

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