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Un referendum sulla Tav sarebbe utile?

Redazione

Abbiamo domandato se una consultazione popolare (locale o nazionale) sulla ferrovia Torino-Lione sarebbe opportuna per risolvere definitivamente la disputa o se invece sarebbe superflua e dannosa

SI

Edoardo Rixi, viceministro delle Infrastrutture e Trasporti (Lega)

  

Prima vediamo come procede l’analisi costi-benefici e non è detto che l’esito sia negativo. E’ un opera cui sono favorevole ma, siccome è transfrontaliera, qualsiasi ripensamento deve coinvolgere Italia e Francia. Il referendum sarebbe una extrema ratio e non mi sottraggo. Non la ritengo la scelta migliore ma si può arrivare a quel punto purché serva a decidere di fare l’opera in modo che nessuno possa dire che esiste una maggioranza contraria. E’ giusto che si esprimano i piemontesi come proposto dal presidente di Regione, Sergio Chiamparino, o le comunità interessate. Tutti dicono che la maggioranza dei piemontesi è favorevole, anche secondo noi i Sì sono più dei No. Dopodiché stiamo parlando di opere che si devono fare da vent’anni e probabilmente la Tav sarà operativa al 2030. Ma prima di fare guerre di religione in casa nostra cerchiamo di chiederci: cosa facciamo da qui al 2030? Non possiamo restare fermi su altre opere, tipo la ferrovia Genova-Ventimiglia che è ancora a binario unico eppure da lì passa metà del traffico merci verso la penisola Iberica. Poi: i francesi cosa ne pensano della Tav? Vorrei sentire una posizione definitiva dal governo. Uscirei da discorsi di carattere ideologico: c’è un tema di finanziamenti europei, che devono essere utilizzati altrimenti c’è il rischio di perderli, e di lavori per comunità e ditte locali che possono portare benefici. Se si devono fare delle battaglie si fanno purché si vada spediti. Sono stufo del sol dell’avvenire. Ma intanto non fermiamoci troppo a discutere.

No

Alessandro Beulcke, Nimby Forum

  

Si tratta la complessità senza comprendere che esiste. La Tav non è un Sì o un No. E’ un argomento tecnico e non solo politico. Chi è interessato a un consenso di breve termine può avere una idea del genere, nessuno che ha a cuore lo sviluppo nazionale. Negli anni si sono confrontati governi, ci sono stati accordi bilaterali, locali e regionali, s’è fatto l’impossibile per portare il tratto al di sotto delle Alpi. Ci sono un migliaio di lavoratori impiegati, circa 24 appalti assegnati per 8 miliardi di cui 7 in corso d’opera, in Francia è stata realizzata una galleria di 5 km. Che senso ha un referendum su tutto questo? Stiamo dunque parlando della possibilità di decidere su un processo già avviato e ha senso che prosegua grazie alle moderazioni che si possono fare e che sono state fatte. Ricordo che Mario Virano, commissario straordinario sulla Tav, in esecutivi di diverso colore, aveva realizzato qualcosa come 200 incontri con le popolazioni residenti che hanno anche comportato cambiamenti di tracciato. Sono cose alle quali – colpevolmente – non è stato dato risalto mediatico, perché si pensa sempre troppo tardi a comunicare: è passata l’idea che la Tav sia stata ordita da pochi a danno di molti e per interessi di chissà quali lobby. E’ un’opera di interesse nazionale ed europeo. Il referendum dovrebbe essere nazionale e probabilmente perderebbe, non può essere né locale né regionale perché addirittura interesse continentale. Non si possono trattare questioni complesse con un risultato manicheo, non si risolvono con gli slogan

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