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Mps soffre l'abbraccio statale eppure i gialloverdi aumentano la stretta

Alberto Brambilla

I titoli bancari sono collassati di nuovo in concomitanza con un aumento dello spread tra titoli di debito italiani e tedeschi arrivato ai massimi dal 2013. E quella senese è la più fragile

Roma. L’intensità e la durata della disputa tra il governo Lega-M5s e Commissione europea sul bilancio italiano non ha conseguenze immediate per il paese dal momento che una eventuale procedura per deficit eccessivo – salvo una inversione della manovra – può durare anni. Ci sono però delle conseguenze rilevanti sul mercato azionario e obbligazionario che un periodo di protratta volatilità e un dowgrade delle agenzie di rating possono accentuare in senso negativo. Dal punto di vista della Commissione europea sarebbe più agevole l’attesa del panico finanziario per raggiungere lo scopo di fermare un governo che preferisce arrestare le riforme precedenti anziché proporne di nuove. In seguito alla lettera di giovedì, inviata al ministro dell’Economia Giovanni Tria, con cui i commissari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis bocciano la manovra per una “deviazione senza precedenti” degli obiettivi di deficit/pil e delle stime di crescita, i titoli bancari sono collassati di nuovo in concomitanza con un aumento dello spread tra titoli di debito italiani e tedeschi arrivato ai massimi dal 2013.

 

Il Monte dei Paschi è probabilmente la banca che risente di più del rischio politico italiano dal momento che è di proprietà dallo stato (il Tesoro controlla il 70 per cento del capitale dal luglio 2017) e ha in pancia 21,6 miliardi di titoli di stato verso i quali aveva aumentato l’esposizione (più 18 per cento), secondo un report di Equita Sim. Il legame banca-debito pubblico è un rischio anche per tutte le altre banche che a giugno detenevano 160 miliardi di titoli di stato. Il processo è quello del “doom loop” (una spirale catastrofica) nella definizione dell’economista Ashoka Mody per cui le banche soffrono quando l’aumento dei tassi di interesse e le preoccupazioni sulle finanze del governo comportano perdite sui bond, erodendo il capitale delle banche.

 

Ieri in Borsa il Monte dei Paschi, dopo una sospensione per eccesso di ribasso, ha aperto la seduta con una perdita del 6 per cento e l’ha chiusa a meno 5,6.

 

Nel luglio 2017 la Commissione europea aveva avallato il soccorso pubblico al Monte dei Paschi con la procedura di ricapitalizzazione precauzionale che ha consentito una iniezione di capitale da 5,4 miliardi di euro da parte del Tesoro in luogo di una perdita inflitta a investitori privati e l’assicurazione che entro cinque anni la banca riesca a ristrutturarsi per resistere a scenari avversi. La banca dovrà presentare un piano su come riuscirci entro il 2019. L’obiettivo è quello di vendere Mps e uscirne con profitto per lo stato, sulla falsa riga del salvataggi americani post Lehman. “L’obiettivo dello Stato è di mettere Mps in condizioni di andare avanti da sola e di uscire, cioè recuperare le risorse che lo Stato, ossia i cittadini italiani, hanno messo a disposizione della banca”, aveva detto Pier Carlo Padoan, il ministro dell’Economia che ha negoziato la procedura con la direzione generale per la Concorrenza della Commissione guidata da Margrethe Vestager. Sarà però complicato, in questa situazione, realizzare il buon proposito di Padoan. Lega e M5s invocavano da tempo la nazionalizzazione come soluzione salvifica per la banca, e ora che sono al governo non sembrano intenzionati a retrocedere. “Mps va rimessa in pista esattamente come prima che finisse nelle mani del dio mercato”, disse Claudio Borghi, consigliere economico del vicepremier Matteo Savini. Secondo MF/Milano Finanza, l’intenzione del governo è infatti di andare in direzione opposta rispetto all’emancipazione dal settore pubblico: coinvolgere BancoPosta, divisione bancaria di Poste Italiane, per farne la “banca degli italiani”; previo rinnovo del cda e pressioni sull’amministratore delegato Marco Morelli. Banco posta è una partecipata statale, e una integrazione con Mps sarebbe paragonabile a un aiuto di stato che la Commissione dovrebbe valutare anche in termini di concorrenza dato che Banco Posta ha una diffusione capillare di sportelli. Il governo punterebbe a un processo diametralmente opposto a quello di una cessione futura sul mercato con profitto per lo stato verso un abbraccio più stretto con il Tesoro. E questo può aprire un altro fronte di conflitto con Bruxelles.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.