New York, Standard&Poor's (foto laPresse)

Contro il partito dello spread. L'errore del governo di fronte alle banche

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Caro Cerasa speriamo che le agenzie di rating declassino l’Italia magri di due gradini (titoli spazzatura) per aiutare il generale spread ad abbattere questo governo. Purtroppo temo che l’esito della valutazione delle agenzie di rating sarà mantenere lo stesso rating di oggi con rischio declassamenti futuri lasciando lo spread oscillare tra 250 e 300 punti. Chi ci rimette saranno purtroppo i poveri che saranno sempre più poveri e il ceto medio che scivolerà verso la povertà e non dobbiamo lamentarci perché così vuole il popolo (decrescita felice). Cordiali saluti.

Franco Malandra


 

Al direttore - Avere uno spread a 300 fisso, di quasi 200 punti più alto che nella passata legislatura, è come avere un corpo con una febbre fissa a 37.5. Si può uscire di casa ma senza curare la febbre basta un nulla per farla arrivare a 39. Forse un declassamento e uno spread impazzito renderebbero più fragile questo governo ma tifare per lo spread è come ti fare contro l’Italia. E per quanto questo governo sia il peggio che potesse capitare al nostro paese, si può sperare che Salvini e Di Maio non governino troppo a lungo ma non si può tifare perché lo spread faccia saltare in aria l’Italia. L’unica via per combattere la povertà è aumentare le competenze delle nuove generazioni (ed eliminare l’incompetenza dalla politica).

Corrado Beldì

A proposito di povertà. Come notato ieri su Twitter dal bravo Francesco Seghezzi parlando di povertà, e spulciando tra i dati Istat, emerge una questione generazionale enorme. Il 12,1 per cento della fascia povera di popolazione in Italia si trova tra 0 e 17 anni, il 10,4 per cento si trova in una fascia compresa tra 18 e 34 anni, il 4,6 per cento si trova in una fascia superiore ai 65 anni. Di fronte a questi dati, un governo che ha promesso di “abolire la povertà” avrebbe dovuto dedicare molta attenzione alle prime due fasce e meno attenzione all’ultima. Salvini e Di Maio hanno invece scelto di scaricare sulle prime due fasce i privilegi concessi a coloro che fanno parte della fascia di età meno disagiata. Alle prossime elezioni sarebbe bello se i giovani elettori puniti glielo facessero notare.


Al direttore - Dovevano bloccare il Tap, ma nulla. Dovevano bloccare l’Ilva, ma nulla. Speriamo che lo stesso valga per la Tav. Ma il punto interessante forse è questo: può un governo essere credibile solo nella misura in cui non mantiene le sue promesse?

Luca Martini

Gli elettori del Movimento 5 stelle e della Lega dovrebbero essere infuriati con i loro eroi non per quello che non hanno fatto ma per quello che stanno facendo.


Al direttore - Bisognerebbe tentare di aiutare quelli che governano e che ignorano i fondamentali della politica e della economia per evitare che l’Italia scivoli lungo una china di decadenza inarrestabile. La prima regola da rispettare è la coerenza tra gli obiettivi politici e le norme che si vogliono introdurre. Il tema di fondo per tutti i paesi del mondo è quello di consolidare la crescita economica al punto tale da poter sostenere l’eventuale debito pubblico. Un obiettivo comune a tutti, dunque, che è diventato per l’attuale governo un vessillo da sbandierare per sostenere norme di spesa pubblica corrente spesso strampalate e difficilmente quantificabili. Se la crescita dunque è il grande obiettivo da raggiungere penalizzare gli strumenti necessari perché questa possa avvenire diventa una tendenza schizofrenica. Uno degli strumenti fondamentali per la crescita è un sistema finanziario forte, efficiente e patrimonialmente solido capace di essere una infrastruttura al servizio della produzione e delle famiglie. Ci sembra una tale ovvietà da non doverla sottolineare più di tanto ma questo governo si muove in direzione opposta. Per fare quadrare i conti che non tornano palazzo Chigi si è scelto di intervenire anche sulle banche con un aumento della tassazione che porterà nelle casse dello stato circa 3,3 miliardi di euro. Al di là che questa misura, come si fa a pensare di penalizzare un sistema bancario che è già appesantito dall’aumento dello spread che fa salire il costo del denaro sul mercato e a seguire i tassi di interessi sui mutui e sui finanziamenti a famiglie e ad imprese mentre vede svalutare il proprio patrimonio in titoli di stato? Quel che è più grave ancora è il fatto che con questa logica non si “puniscono” le banche che in una narrazione da horror sarebbero la fonte di tutti i mali ma si punisce l’intero sistema produttivo, famiglie comprese, perché si riduce la quantità del credito disponibile per il paese. E inoltre quando nelle aste del tesoro ci fosse, come accade spesso, un inoptato, chi dovrebbe sottoscrivere i nostri titoli del debito pubblico una volta che le banche fossero sfinite da nuove tasse e da svalutazioni patrimoniali? Ed è mai possibile che si possa puntare a una forte crescita mentre si vuole mettere sotto scopa l’intero sistema bancario con quel disegno di legge della maggioranza di governo che vuole istituire una commissione parlamentare di inchiesta permanente sulle banche? Non scherziamo col fuoco, allora, perché a distruggere si fa molto presto se si pratica a tutti i livelli la incoerenza tra strumenti ed obiettivi mentre, invece, mai come in questo momento l’Italia avrebbe bisogno di costruttori di pace e di speranze con competenza e lucidità e non di bullismo intimidatorio greve e miope.

Paolo Cirino Pomicino

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