foto di Chris Hunkeler via Flickr

Il grande piano cinese dell'elettricità mondiale passa da Terna

Alberto Brambilla

L'ambizione del socio State Grid of China è creare l'"internet della elettricità". La sfida euro-africana per il nuovo ad Ferraris

Roma. La nomina di Luigi Ferraris, ex cfo di Poste ed ex manager di lungo corso a Enel, ad amministratore delegato di Terna riveste una particolare importanza dal punto di vista di State Grid Corporation of China. La prima compagnia cinese dell’energia partecipa alla gestione della società elettrica italiana attraverso Cdp Reti, società di Cassa depositi e prestiti di cui ha il 35 per cento delle quote, ed esprime un consigliere d’amministrazione, Yunpeng He, vicedirettore dell’ufficio europeo del colosso di Pechino, cooptato in cda nel 2015 quando a Terna c’era l’ex ad Matteo Del Fante, ora nominato ad di Poste. State Grid ha partecipazioni anche nelle società elettriche nazionali di Portogallo, Spagna, Grecia e ha la sua sede europea a Berlino per coltivare l’ambizione di costruire una rete continentale e mondiale dell’elettricità. Terna è importante per State Grid perché da essa dipende l’avanzamento del progetto di un’infrastruttura d’interconnessione tra la rete elettrica ad alta tensione italiana e quella tunisina, ovvero per collegare l’Africa all’Europa e realizzare così il vasto programma cinese dal respiro mondiale.

 

Negli stessi giorni della visita di stato italiana in Cina a fine di febbraio, nella sede pechinese di State Grid, i rappresentanti di Huawei, più grande operatore cinese dell’Ict, della tedesca Siemens, dell’americana General Electric e altri hanno discusso con esperti e accademici, tra i quali l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini in qualità di docente di Scienze ambientali alla Tsinghua University, i potenziali sviluppi di quella che i cinesi chiamano “internet della elettricità” – per metterla in parallelo con l’infrastruttura telematica mondiale di stampo americano. L’ipotesi cinese della interconnessione globale della rete elettrica, in parte sostenuta da infrastrutture esistenti, è che l’elettricità prodotta per esempio a Pechino come a Mosca possa essere subito disponibile a Parigi o New York oppure a Nairobi (Kenya) grazie a una rete di stazioni di generazione di energia, alimentate attraverso varie fonti, soprattutto rinnovabili, e collegata da un’infrastruttura di linee ad alta capacità e voltaggio (high-voltage direct current).

 

La tecnologia di trasmissione rapida dell’elettricità fu inizialmente messa a punto per il progetto Desertec, nato nel 2003 per catturare l’energia solare con pannelli fotovoltaici nel Sahara e trasferirla ai paesi nordafricani ed europei ma poi arrestato perché nel frattempo il contesto geopolitico dell’area è diventato proibitivo. A settembre 2015 il presidente cinese Xi Jinping ha mutuato l’idea rilanciandola in occasione del Sustainable Development Summit delle Nazioni unite, ma questa volta su scala mondiale con la Global renewable-energy grid (Greg) – ovvero la prima proposta di diffusione di tecnologia e servizi a livello globale avanzata dalla Cina in prima linea.

 

L’obiettivo finale di questa leva di “soft power” cinese è che l’energia che in futuro correrà da Sidney, Tokyo, Roma, Washington, fino alla Terra del Fuoco, provenga quasi esclusivamente da energie rinnovabili, come eolico, solare e nucleare, al fine di ridurre il numero di centrali a carbone o a olio nelle aree urbane e quindi l’inquinamento dell’aria. Il tutto in ossequio al proverbio cinese, riportato sulla mappa del progetto che il Foglio ha visto, “Tratta bene la terra. Non l’abbiamo ereditata dagli antenati ma l’abbiamo avuta in prestito dai nostri figli”. Un antico adagio di cui la Cina – “fabbrica” industrializzata del mondo nell’ultimo mezzo secolo – aveva probabilmente perso memoria. In questo contesto collegare l’Africa all’Europa spetta a Terna che sta valutando l’interconnessione elettrica con la Tunisia in fase preliminare di analisi. Il costo è di 600 milioni di euro per 250 km di linea sottomarina. L’ex ad di Terna, Del Fante, attendeva i contribuiti degli altri operatori europei per realizzare il progetto e sperava che “il 2017 sia l’anno per stabilire un percorso certo di questa linea”. Starà al suo successore, Ferraris, dimostrarlo.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.