La cerimonia di inaugurazione dell'Expo di Milano (foto LaPresse)

Un'Expo troppo Slow food non nutre il pianeta

Redazione
Perché è un problema se a Milano spopolerà un'impostazione anti industriale e anti moderna sull'agricoltura. Meglio terra-terra che "Terra Viva".

La prima Expo universale è stata la Great Exhibition del 1851 di Londra, un evento che celebrava l’entusiasmo per l’innovazione tecnologica e l’apertura dei mercati all’indomani della storica vittoria contro le Corn Laws, le leggi protezionistiche sulle importazioni agricole. A tutti sembrava chiaro che l’innovazione, la rivoluzione industriale e la libertà di scambiare merci avrebbero migliorato le condizioni della popolazione globale.

 

Dopo oltre 150 anni con l’Expo di Milano si batte troppo spesso un’altra strada e si pensa di “nutrire il pianeta” con massicce dosi di protezionismo e consumo locale, a chilometro zero possibilmente. Questa impostazione anti-industriale e anti-moderna pervade la Carta di Milano, il documento ufficiale di Expo, ma è ancora più visibile nel manifesto “Terra Viva” elaborato dalla guru anti Organismi geneticamente modificati (Ogm) e ambasciatrice di Expo Vandana Shiva e presentato insieme a don Ciotti e al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina.

 

[**Video_box_2**]Il manifesto della Shiva è una condanna di tutto ciò che è moderno e con moderno non si pensi solo agli Ogm. Si parte dalle enclosures del XVII secolo, quindi dalla proprietà privata delle terre – è quella l’origine di tutti i mali – poi piovono danni su danni: Rivoluzione industriale, libero mercato, nuove scoperte nella chimica, Rivoluzione verde e anche il Piano Marshall. In pratica tutto ciò che permette oggi di sfamare 7 miliardi di persone nel mondo, che ha aumentato la produttività, reso il cibo migliore e più economico, sconfitto malattie e sottratto miliardi di individui alla schiavitù della terra. D'altronde per Carlin Petrini, di Slow Food, "questo sistema alimentare provoca sofferenza". La soluzione secondo la Shiva sarebbe una riscoperta dell’agricoltura di sussistenza, quando c’erano terra e cibo in abbondanza per tutti. Che poi è quel mondo in cui si moriva a 30 anni e un terzo della popolazione pativa la fame, che per fortuna ci siamo lasciati alle spalle. Forse è il caso di farla finita con i manifesti à la “Terra Viva” e iniziare a fare discorsi terra terra perché, come ha scritto Alberto Mingardi sul Wall Street Journal, sarà difficile nutrire il pianeta con le favole di un passato romanzato che non è mai esistito.

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