Il ministro dell'Economia di Atene, Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Debito, democrazia, sovranità: Varoufakis contro tutti

Marco Valerio Lo Prete
Il ministro greco dell'Economia vs. algidi e piccoli europei che nel loro piccolo s’incazzano. Breviario di un clash di civiltà - di Marco Valerio Lo Prete

Roma. “Intenso”. Così Yanis Varoufakis, ministro greco con aura da rockstar, si è limitato a definire il vertice dei ministri europei delle Finanze di venerdì a Riga, in Lettonia, convocato per fare chiarezza sulle riforme che Atene si impegna a predisporre in cambio di un’altra tranche di aiuti internazionali. Doveva essere sufficiente questo commento per capire che venerdì il summit era stato più movimentato del previsto. Poi si sono aggiunti in coro il ministro delle Finanze tedesco, Schäuble, e il banchiere centrale europeo, Draghi, a dire che “il tempo è quasi finito”. E quindi i retroscena, con le accuse esplicite di alcuni ministri europei, soprattutto quelli di paesi più piccoli o che hanno attraversato periodi di gravoso aggiustamento riformatore, che hanno dato dell’“irresponsabile” al collega Varoufakis. Lo hanno chiamato “dogmatico” e “perditempo”.

 

Che poi, a essere realisti, non tutto il tempo intercorso tra lo scorso 25 gennaio (vittoria di Syriza) e gli stracci volati venerdì è stato “perso”. Atene ha lasciato cadere le proposte più estreme (per esempio: ristrutturazione immediata del debito pubblico), in cambio Schäuble ha smesso per il momento di dire “non riesco a capirli” quando parla dei colleghi greci. Eppure dal suo punto di vista lo diceva a buon diritto, perché in questi mesi una parte della nuova leadership greca ha sognato, in compagnia pure di groupie e alleati fuori dai confini ellenici, un processo di “nation building” al contrario (cit. Franco Debenedetti). Non siamo tanto noi che dobbiamo allestire un catasto degno di questo nome – ha pensato per esempio Varoufakis salutando la Troika – ma voi tedeschi che dovete cambiare idea sul debito. Di editoriali sul fatto che in tedesco “Schuld” è “colpa” e pure “debito” son piene le fosse, ma Varoufakis insiste: per voi i debitori sono peccatori, per noi greci invece “parto” (toketòs) e “interesse” (tòkos) hanno la stessa etimologia. Perché i debitori pagando gli interessi soffrono, rivivono quel “parto del denaro” che avvenne “nel ventre del serpente che indusse al peccato Adamo ed Eva”.

 

Non solo. Le élite tedesche hanno sempre detto di voler informare l’Europa ai princìpi dell’economia sociale di mercato: responsabilità personale, iniziativa privata, conti pubblici e moneta stabili. Nella Grecia post colonnelli, invece, Pasok e Nuova democrazia hanno forgiato un modello democratico radicalmente alternativo; il politologo Takis Pappas lo chiama “bipartitismo populista, fondato sul saccheggio delle risorse pubbliche”. Syriza viene da qui ed è difficile giurare che si sia già distanziata da quest’humus, altro che Soziale Marktwirtschaft.

 

Infine, il capitolo “sovranità democratica”: Tsipras e colleghi hanno fatto campagna elettorale sostenendo che un mandato popolare nazionale sarebbe bastato a rivoluzionare Bruxelles; coerentemente, si sono alleati con la destra nazionalista. I greci però già alla metà del XIX secolo scoprirono che i flirt con la Russia a volte si pagano cari (allora con l’occupazione del Pireo da parte degli anglo-francesi) e che i creditori possono mettere becco nei tuoi affari interni (lamentandosi già nel 1857 che il governo locale era “completamente incapace” di far pagare le tasse). Alla luce di cotanta distanza sui princìpi cardine, un futuro compromesso fra Unione europea e Atene sui nuovi prestiti sembrerà addirittura piccola cosa.